in “Psicologia clinica: psicoterapia e formazione” (op. cit.).
Luciano Rispoli, Presidente S.I.F. (Società Italiana di Psicoterapia Funzionale corporea) e direttore Scuola Europea di Formazione in Psicoterapia Corporea, affronta le basi scientifiche ed epistemiologiche della Psicoterapia corporea, fino ad arrivare a trattare la prospettiva Funzionale e i suoi sviluppi, ambiti di intervento e percorsi formativi.
Le basi scientifiche
Nel panorama delle varie Aree teoriche della Psicologia clinica e della Psicoterapia, l’area Psicocorporea è allo stesso tempo una delle più nuove e una delle più antiche. È antica perché prende l’avvio oltre 60 anni fa con i primi studi sull’interazione tra psichico e somatico, e in particolare con le teorizzazioni di Wilhelm Reich da una parte e di Alexander dall’altra. Ha una lunga storia di intrecci con le varie correnti cliniche e psicologiche, e ad essa contribuiscono o si affacciano numerosi studiosi e terapeuti: da Ferenczi a Balint, da Freud stesso a Winnicott, da Racker a Guntrip a Fairbaim a Kohut a Stem. L’intera Area della Gestalt, con Frits Perls, deriva direttamente dalle teorie e dalle esperienze di Reich. Eppure la psicoterapia corporea è qualcosa di diverso e di più della somma di tutti questi contributi, qualcosa che si è andato sviluppando lentamente ma incessantemente con una serie di ricerche che continuano dopo Reich in vari paesi, anche se a volte con caratteristiche profondamente diverse. La scuola americana si caratterizza per lo svilupparsi delle “tipologie” di Lowen o la continuazione degli studi biofisici e orgonomici di Reich; la scuola Europea assiste ad un frastagliarsi e un fiorire di Istituti, di ricerche, di iniziative, soprattutto in Norvegia, in Inghilterra e in Italia, non sempre coordinati e coerenti, ma comunque più coinvolti sulle problematiche della clinica e sulla necessità di sistemazione teorica dell’intero complesso di leggi, funzioni e processi che collegano lo psichico con il somatico. Al tempo stesso la Psicoterapia corporea assume l’aspetto di qualcosa di nuovo per la svolta che le ricerche le hanno dato negli ultimi 20 anni: sia quelle del settore clinico, sia quelle di campi disciplinari affini. È il caso di ricordare qui gli studi sulla perinatalità di Bower, Eimas, Eisenberg, Haynes, Hutt; gli studi sul comportamento non-verbale di Ekman, Friesen, di Brannigan e Humphries; le ricerche di Hall, Hinde, Lorenz, Timbergen; gli apporti di Merleau-Ponty e Plessner sulla fenomenologia del corpo; le moderne concezioni olistiche del cervello di Gazzaniga, Bogen; le conoscenze sulla percezione e il controllo motorio di Bernstein, Turvey; le ricerche sull’interazione non-verbale di Argyle; gli studi psicofisiologici di Selye, Laborit; le teorie sui piani di Pribram e Galanter; l’intervento sul corporeo di psicoanalisti come Veldman e This. Grazie alla ricchezza di questi e di numerosi altri recenti contributi (che non è qui possibile citare al completo) si è potuto dare un impulso determinante alle conoscenze delle leggi e delle relazioni che legano le differenti funzioni del complesso corpo-mente. Va prendendo sempre più piede la concezione di un soggetto-corpo o meglio ancora di un Sé corporeo come una interezza della persona, una unità originariamente integrata di differenti processi che si manifestano su livelli e su piani che solo all’apparenza possono essere considerati distinti. In questa direzione, contributi significativi sono venuti dalla teoria sulla formazione dei vari tessuti e delle varie funzioni psicocorporee a partire dai 3 differenti “foglietti” originari dell’embrione (Boadella); dalle teorie connesse alla terapia di integrazione di corpo e movimento (Petzold); dal modello somatologico dell’evento terapeutico (Meyer); dalle ipotesi di aree di connessioni psicocorporee (Estrada Villa); dalla elaborazione di una teoria complessiva del Sé, di un approccio funzionale allo psicocorporeo (Rispoli).
Le basi epistemologiche
Ulteriori apporti alla costruzione epistemologica di un modello del Sé corporeo, a una teoria complessiva dell’area psicocorporea, vengono anche dalla filosofia, dalle teorie di tipo personologico, e in particolare dalla filosofia della scienza con i costrutti di Popper prima e di Grunebaum dopo. L’area della psicoterapia corporea rappresenta una zona di confine (e anche perciò di estremo interesse) con le altre scienze che studiano il comportamento dell’uomo; una zona dove si intrecciano elementi di tipo quantitativo ed elementi qualitativi, storie individuali (come tali irripetibili), e fenomeni che si ritrovano regolarmente nel processo terapeutico, scandendolo in fasi e in sequenze ben determinate. Lo statuto moderno delle scienze ha riavvicinato quelle definite classicamente come “esatte” con quelle di tipo umanistico, favorendo il costituirsi di un’area nella quale non possono più imperare ne un soggettivismo arbitrario, ne un modello oggettivisticamente medicalistico. Si parla piuttosto di interazioni tra livelli interni e livelli esterni; i vissuti del paziente e del terapeuta vengono messi in relazione attraverso tutti i piani della comunicazione e tutti i livelli del sé, compresi una serie di fenomeni che conservano il senso anche se visti dal di fuori della relazione. L’intrecciarsi di clementi quantitativi e qualitativi, soggettivi ed oggettivi, permette una “condivisione” con l’ambiente circostante, un’indagine scientifica che realizzi finalmente validazioni interne ed esterne al processo terapeutico, nonché una verifica dei risultati che, pur rimanendo compresa in una metodologia complessivamente di tipo clinico, migliori teoria e tecnica.
L’area della Psicoterapia Corporea
L’elemento corporeo non è, in tal senso, estraneo a questa direzione che attualmente la psicologia clinica sta tendendo a prendere; ma non per questo è lecito identificare totalmente (come poco correttamente in alcuni casi è stato fatto) il corporeo con la fisicità e con l’oggettività. La concezione moderna del Sé corporeo investe le interazioni tra psiche e soma, le funzioni psicocorporee, il corpo nelle sue estensioni e nei suoi movimenti non solo nello spazio fisico, ma anche in quello emotivo, nell’ideazione, nelle fantasie, nei ricordi. Per coloro che hanno operato e operano nel campo della psicoterapia corporea questo concetto è ben chiaro: la corporeità non ha mai rappresentato una tecnica da aggiungere a quelle verbali, ma una focalizzazione teorica su elementi della relazione e su elementi del Sé trascurati in parte o del tutto dagli altri indirizzi terapeutici e dalle altre teorie di personalità. La psicoterapia corporea non si caratterizza dunque per avere come oggetto di intervento il corporeo, ma per il fatto che è andata costruendo in tutti questi anni una ben determinata teoria della personalità, una sistematizzazione del quadro complessivo (e del funzionamento) dei processi psicocorporei, della struttura multidimensionale dell’individuo (e recentemente anche dei gruppi e delle istituzioni). L’aver osservato ed utilizzato il corpo direttamente nel trattamento terapeutico ha fatto sì che ci si imbattesse in fenomeni nuovi, intensi e particolarmente significativi: movimenti, posture, linguaggi e toni di voce estremamente regressivi. percezioni e ricordi arcaici, memoria corporea, riedizioni benigne di antichi sintomi, modificazioni profonde delle funzioni fisiologiche interne (temperatura, frequenza del battito cardiaco, sudorazione, soglie percettive, tono muscolare di base, peristalsi, metabolismo, processi di flogosi, tremiti, formicolii, ecc.). Tutto ciò ha spinto alla comprensione dell’intero sistema, ha messo sotto nuova luce le connessioni tra psichico e corporeo, ponendo la necessità di inquadrare tali fenomeni in un sistema teorico complesso ed articolato; necessita come problema non specifico del settore, ma di tutta la psicologia clinica. In particolare risultava sempre più accreditala l’ipotesi di un collegamento stretto (e non più solo nella sfora delle fantasie) tra vissuti affettivi, emozioni, esiti delle relazioni passate, con le alterazioni attuali dei sistemi muscolari, fisiologici, posturali dei vari distretti corporei. Nasceva così un sistema teorico complessivo del Sé, comprensivo di un modello dello sviluppo evolutivo, di una teoria globale sulla struttura della personalità, di ipotesi eziopatogenetiche specifiche sull’insorgere di alterazioni e di disturbi, di una tecnica diagnostica e terapeutica, di una metodologia della formazione.
La concezione multidimensionale del Sé corporeo
Al di là di alcune differenziazioni, anche rispetto alle tecniche operative, al suo interno, la psicoterapia corporea ha guardato sempre all’insieme dei processi psicocorporei, all’insieme di tutti i piani che compongono il Sé, con l’ipotesi di una loro integrazione originaria e soprattutto di una interrelazione di tipo circolare, modificando completamente le ipotesi precedenti di una piramide gerarchizzata che conduca progressivamente da un corporeo situato ai livelli più bassi sino ad un mentale che dall’alto controlla tutto. La psicoterapia corporea, rivelando le molteplici influenze reciproche tra corporeo e mentale, ha finito per superare questa stessa dicotomia, ponendo le basi per una concezione multifocale, a dimensioni multiple ma al tempo stesso olisticamente concepite. Si tratta di avere una cornice unitaria e complessiva, per prendere in considerazione tutte le variabili e le funzioni dell’organismo umano, e di spostare poi consapevolmente il punto di vista da un livello all’altro a seconda dell’angolazione necessaria all’indagine o all’operazione da effettuare in quel momento.
La prospettiva funzionale
Il punto di vista funzionale corporeo, in particolare, permette di guardare come “dall’alto” e al funzionamento di tutti i processi psicocorporei dell’individuo e alle quattro grandi Aree in cui questi possono essere raggruppati: L’Emotivo (Emozioni, affettività, sentimenti positivi e negativi); Il Fisiologico (i sistemi interni, le percezioni, il neurovegetativo, sino al microbiologico); Il Posturale (i movimenti, le posture, i distretti muscolari, la morfologia); Il Cognitivo-Simbolico (ricordi, razionalità, simbolizzazione, fantasie, immaginativo). Superando le imprecisioni e le approssimazioni delle “tipologie”, lo schema funzionale analizza globalmente le vicende intervenute su tutti i paini e sottopiani del Sé e sulle loro interazioni, per ciascuna singola concreta situazione. I disturbi vengono dunque considerati come un’alterazione complessiva del Sé, dovuta a sconnessioni dei vari processi funzionali tra di loro e dal nucleo profondo originario integrato, a iper o ipotrofizzazioni di alcuni di essi, a irrigidimenti, sclerotizzazioni, stereotipie di altri. Le “gamme”, che l’organismo ha a disposizione, di risposte, di strategie, di capacità, vengono di fatto ad essere più o meno limitate su tutte le aree del Sé: dall’ideazione ai movimenti, alle percezioni, alle emozioni, sino ai sottili meccanismi degli apparati fisiologici interni, dei delicati funzionamenti microcellulari, chimici, elettrici. Non è ceno raro imbattersi in situazioni di limitata mobilità: fissità di emozioni o di espressioni, movimenti stereotipati, fantasie coattive, soglie percettive e tono muscolare alterati, povertà di idee e di creatività, e così via. L’approccio funzionale corporeo permette, attraverso questa visione di insieme, attraverso lo studio delle leggi che regolano l’interazione e la trasformazione dei processi psicocorporei, di comprendere perché e come l’individuo si “ammala”, e quali strade prenda (di carattere psichico o somatico) questo ammalarsi.
Ambiti di intervento
Di qui prendono le mosse le metodologie operative di intervento, che, per quanto detto, sono non solo di tipo curativo, bensì soprattutto di tipo preventivo, o meglio ancora volte a potenziare, nei differenti momenti ed aspetti della vita umana, le capacità di benessere, di reagire adeguatamente e con piena soddisfazione alle situazioni della realtà esterna ed interna. La caratteristica multifocale di questo tipo di approccio clinico ne favorisce l’applicazione in condizioni di setting non rigido, in situazioni “cliniche” e in condizioni di intervento sociale, nelle strutture private e in quelle dei servizi pubblici territoriali. Le più tradizionali applicazioni, sperimentate con successo da molti anni, riguardano infatti l’ambito della gestazione e della nascita, il periodo perinatale, la prima infanzia, i servizi ambulatoriali di igiene mentale, i processi di formazione, oltre naturalmente a tutte le forme di psicoterapia più stretta, sia individuale che di gruppo, sia per gli adulti che per i bambini. A queste si è di recente aggiunto un intervento specifico per lo stress cronico, oggi sempre più diffuso e causa di danni individuali e sociali di portata crescente.
Ridefinizione di concetti e nuove formulazioni
In tutti gli ambiti citati le ricerche hanno dato risultati estremamente incoraggianti, ma al contempo aprono nuovi problemi di carattere scientifico ed epistemologico. L’esplorazione di questi settori della psicologia clinica non può non condurre ad un ripensamento di numerose concezioni precedenti, così come tutte le nuove acquisizioni, in qualunque indirizzo terapeutico siano nate, richiedono un riassestamento totale di tutto il corpus teorico e tecnico dell’intera disciplina (se non anche delle discipline contigue). Il concetto di rimozione, ad esempio, va perdendo la sua connotazione unidimensionale a favore di una visione complessa a più livelli. Un dato processo funzionale può infatti risultare assente non solo dal piano della consapevolezza, ma da quello postulare, od emotivo, o fisiologico; e così dicasi anche per le altre funzioni del Sé. Allo stesso modo anche altri concetti psicodinamici classici subiscono una profonda trasformazione di senso: campo transferale, narcisismo primario, pulsioni, resistenze, meccanismi di difesa, interpretazione, acting, esperienza emozionale correttiva, e così via. Contemporaneamente nuove formulazioni vanno prendendo consistenza, al fine di poter descrivere una serie di fenomeni, di tecniche, di processi c soprattutto di nuove proposizioni teoriche. Ci riferiamo ad esempio, per restare nell’ambito della psicoterapia corporea funzionale, a concetti quali regressione psicosomatica, mobilità funzionale, modularità, ampiezza delle game funzionali, stratificazione emozionale, campo transferale ampliato, fasi della terapia, carattere evolutivo del processo terapeutico.
Lo sviluppo della Psicoterapia Corporea
L’Arca della Psicoterapia Corporea è andata ridefinendosi, riconoscendosi e consolidandosi in questi ultimi anni. Questo processo ha subito in particolare una maggiore accelerazione dal 1987 ad oggi, anni nei quali si sono avviati i più importanti Congressi a carattere Internazionale sia in Europa che in America: il Simposio Internazionale di Napoli nel 1987; i Congressi Internazionali di Psicoterapia Corporea di Città del Messico e Montreal (1987, 1990); quelli Europei di Davos, Seefeld e Lindau (1987, 1989, 1991); i Congressi di Somatoterapia di Parigi, Montevideo e Strasburgo (1989, 1990, 1991); il congresso di Psicoterapia Corporea di Napoli (1990). Il processo di ricognizione, di confronto, di sviluppo è pienamente avviato; l’importante è che le ricerche procedano in modo corretto, utile alle esigenze di un settore delle scienze nel quale prospettive ed aspettative sono molto ampie, e per questo facilmente mistificabili con atteggiamenti di vuota fumosità, di falsi trionfalismi, di facciata esteriore. Molto dipenderà dalla capacità della Psicoterapia Corporea di collegarsi alle altre realtà scientifiche: nello stesso ambito della psicologia clinica, e in quello delle discipline che con essa confinano e che con l’approccio funzionale psicocorporeo hanno gradi stretti di parentela. Ma molto dipenderà anche dalla consapevolezza che il nuovo non va acriticamente esaltato, ma nemmeno bloccato dalla tendenza omeostatica e tautologica dell’esistente.
I percorsi formativi
Uno dei nodi cruciali per lo sviluppo della ricerca e del confronto, per l’incremento della consistenza teorica e metodologica è come sempre la formazione. Riportiamo un quadro sinottico dei percorsi formativi di media nell’area teorica della psicoterapia corporea.
Ammissione allievi Colloquio clinico e motivazionale. Curriculum.
Selezione allievi Esami, Tesine e colloqui annuali. Casi clinici e tesi finale.
Esposizione personale Da 100 a 420 ore in gruppo. Terapia individuale a parte (mediamente 150 ore).
Seminari Seminari teorico-pratici. Laboratori. Casi clinici, audiovisivi, esperienze terapeutiche tra gli allievi (da 100 a 300 ore).
Tirocini 50-100 ore in Istituzioni pubbliche/private, supervisionate.
Co-terapia 1-2 anni dopo il diploma con terapeuta didatta.
Supervisione A volte individuale, a volte di gruppo, a volte mista. 100-150 ore. Spesso 5° anno di supervisione e perfezionamento.
Durata 4 anni. 400-1000 ore totali (esclusa la terapia individuale). 5° anno di perfezionamento (200 ore).
Il progetto
Ciò che auspichiamo con ferma convinzione, a livello di progetto più generale, di poter dotare le singole Aree Teoriche della psicoterapia di uno statuto di funzionamento che le ponga in grado di operare ad alti livelli, recuperando e amplificando le caratteristiche positive che si riscontrano in tutti e tre i poli della ricerca e dell’applicazione: Università, Scuole private di formazione, Servizi territoriali. È per questo motivo che riteniamo indispensabile progettare strutture di formazione (e quindi di ricerca) ad ampio respiro, a carattere nazionale, con la collaborazione di quanto di meglio esista nella cultura pubblica e in quella privata, invece di cadere nelle spire di una lottizzazione del potere, nella sterilità del chiuso dei singoli istituti, o nella immobilità che molto spesso la “sacralità” dell’istituzione accademica finisce per provocare. Quello che chiediamo a piena voce è di provare a scrivere una pagina nuova nella cultura scientifica italiana, contro il malcostume della vuota promozione pubblicitaria di immagine e di facciata, per proteggere seriamente sia l’utenza di un settore così delicato, sia al contempo gli operatori che hanno percorso una formazione seria e qualitativamente ad alto livello. Per realizzare tutto ciò bisogna dare agilità alle strutture di formazione, mettendole in grado di sperimentare, modificare, assumere nuovi punti di vista, utilizzare in pieno le competenze serie, da qualunque parte provengano. Ma al contempo è necessario aprire le singole realtà, il chiuso delle Scuole e delle Accademie; bisogna utilizzare la ricchezza delle conoscenze prodotte dai Servizi, garantire realmente la pluralità e lo sviluppo di tutti gli approcci e gli indirizzi, puntare al rialzo del livello qualitativo della formazione, della ricerca, della sistematizzazione teorica, e dell’efficacia della pratica operativa.