Luciano Rispoli: Neuroni Specchio in Psicoterapia

A cura di Luciano Rispoli

INTRODUZIONE
Dei neuroni-specchio negli ultimi tempi si parla molto; ed è giusto che sia così perché effettivamente è una scoperta di grande valore scientifico, nonché un successo realizzato interamente da ricercatori italiani: Giacomo Rizzolatti  e la sua équipe.
Ma questa scoperta è più profonda e complessa di quanto non venga normalmente compreso; a volte viene limitata all’idea che guardando un’altra persona possiamo comprendere ciò che prova. Questo è vero ma bisogna capire in che senso e come. E poi c’è molto di più nelle ricerche e nelle scoperte di Rizzolatti, c’è una ulteriore conferma dell’integrazione esistente tra corpo e mente, c’è finalmente un consolidamento pieno della visione che afferma da tempo l’importanza del Sistema Motorio (e di quello Sensoriale).
E per di più questa scoperta assume un significato di grande rilievo nel mondo della clinica, della cura, e in particolare della psicoterapia moderna e della psicoterapia del futuro.

Vediamo come e perché.
LO SCHEMA CLASSICO
Nello schema neurologico classico si pensava che il sistema motorio avesse un ruolo secondario, un ruolo puramente esecutore. Si riteneva che l’essere umano ricavasse dati tramite la percezione, che li elaborasse cognitivamente e che da questo livello di cognizione partissero poi gli “ordini” verso il sistema motorio.
Ma lo studio del funzionamento di aree frontali e parietali, nonché delle aree motorie e premotorie del cervello, ha rivelato una realtà completamente diversa, che si può così riassumere:

      Il sistema motorio non ha a che fare con movimenti ma con vere e proprie azioni.

Ma cosa vuol dire questo? Cosa vuol dire “azioni”?
Facciamo degli esempi.


Prendiamo come esempio il gesto elementare di afferrare una tazzina. Vedremo che in questo gesto sono già intrecciate le Sensazioni (visive, tattili, olfattive, propriocettive), nonché Motivazioni, Disposizioni corporee, Attività e Abilità motorie. C’è infatti nel gesto non solo un allungare il braccio per raggiungere la tazzina ma già c’è insieme anche l’intenzione di afferrare la tazzina. Il braccio si muove per arrivare alla tazzina ma già la mano si atteggia per afferrarla: e questo rappresenta una chiara azione, cioè un movimento che ha una vera e propria intenzionalità. Non si tratta di singoli movimenti, cognitivamente comandati, che poi vengono collegati in catene di movimenti. Si tratta invece già da subito di un’azione completa: afferrare la tazzina.

Dunque, il Sistema Motorio non è un mero esecutore passivo di comandi originati altrove, ma contribuisce in modo decisivo alle trasformazioni senso-motorie, cioè all’individuazione degli oggetti e al realizzare movimenti delle varie parti del corpo per le varie azioni che possiamo e vogliamo compiere con quegli oggetti.
E infatti, una delle prime scoperte che hanno aperto la strada a questa visione è stata che le aree frontali e parietali sono strettamente connesse con le aree visive, uditive, tattili; e che, dunque, le aree corticali della percezione e della cognizione non sono totalmente distinte e separate da quelle del movimento.
Ma ci sono ben altri elementi nelle ricerche di Rizzolatti a sostegno di queste innovative concezioni.

I NEURONI DELL’AREA CORTECCIA PRE-MOTORIA
Un altro punto per comprendere in che senso il Sistema Motorio è connesso ad azioni che hanno una configurazione complessa e non a singoli movimenti, ci viene dallo studio di questi neuroni.
Per afferrare un pezzo di cibo, ad esempio, c’è un neurone addetto a questa azione specifica: ed è lo stesso neurone che scatta sia se il cibo viene afferrato con una mano, sia con l’altra, sia con la bocca direttamente. Dunque – come già abbiamo detto – questi neuroni non sono collegati al movimento ma ad una azione che può essere compiuta addirittura con movimenti del corpo completamente differenti,
Altro esempio ci è dato dalla scoperta che uno stesso movimento, ad esempio la flessione del dito, è attivato da un certo determinato neurone se è per afferrare una tazzina, e da uno diverso se la flessione è per grattarsi il viso, cioè se si tratta di azioni differenti.

L’area premotoria può essere allora vista come un vero e proprio serbatoio di azioni possibili per il soggetto o – in altri termini – un “vocabolario” di atti motori, di azioni, ciascuna collegata a specifici neuroni.
Più ricco è il vocabolario più opportunità pratiche di azione sugli oggetti ci saranno per la persona. Ma non bisogna dimenticare che il vocabolario si costituisce quando il bambino compie le azioni sugli oggetti, e non quando vede gli oggetti. Quando li vede può mettere in moto le stesse vie neuronali specifiche di determinate azioni, ma solo se queste vie neuronali sono già state attivate, se queste azioni sono già state compiute dal bambino.

Neuroni bimodali canonici dell’area premotoria
Per chiarire meglio, questi neuroni si definiscono bimodali perché si attivano sia durante l’azione che la persona compie su un oggetto sia durante la sola osservazione dell’oggetto; ma quello che è sbalorditivo è che sono pur sempre neuroni dell’area motoria. L’oggetto è immediatamente codificato come un insieme di ipotesi d’azione. I neuroni reagiscono non alla forma dell’oggetto ma al significato che ha per la persona.
Ma reagire a un significato in realtà equivale a COMPRENDERE.

Altri neuroni bimodali: i neuroni specchio
I neuroni specchio sono una specificazione dei neuroni bimodali. Come gli altri neuroni bimodali, hanno funzione visiva e motoria allo stesso tempo, e sono anch’essi specializzati rispetto ad una determinata azione (per afferrare, o per spostare, ecc.).
La differenza è che si attivano durante l’azione che la persona compie ma anche quando si osserva un’altra persona compiere la stessa azione.
La persona, dunque, vive le stesse sensazioni che vive l’altro che compie l’azione, come se fosse lui a compierla. Ma non dobbiamo dimenticare che questo avviene soltanto se la medesima azione è inscritta nel proprio vocabolario di azioni. Vale a dire che se un atto non è nel vocabolario, non ci può essere attivazione dei neuroni specifici e non c‘è neanche comprensione dell’atto compiuto dall’altro.

     E per essere nel proprio vocabolario la persona deve aver prima sperimentato               personalmente l’atto motorio in questione.

Le azioni compiute dall’altro assumono, dunque, significato proprio per il vocabolario di atti che il soggetto possiede. Si tratta di una reale conoscenza di base che regola l’esecuzione delle proprie azioni, e che viene usata anche durante l’osservazione dell’azione compiuta dall’altro.
E tutto questo vale anche per i movimenti del viso, ovvero per le espressioni delle varie emozioni. Anche le emozioni risultano immediatamente condivise: nel vedere le espressioni del viso dell’altro, si accendono le stesse aree coinvolte di quando siamo noi a provare quelle emozioni.

I neuroni specchio si attivano non solo per atti transitivi su oggetti ma anche per atti intransitivi e azioni mimate; il sistema motorio entra in risonanza anche con i movimenti facciali altrui. Ma ancora una volta solo se si tratta di azioni ed espressioni inscritte nel proprio vocabolario di atti.

Nella risonanza delle emozioni è implicata anche l’insula. Ed è tramite l’insula che gli input sensoriali vengono trasformati in reazioni anche “viscerali”, cioè modalità di funzionamento psico-fisiologico che “colorano” le risposte emotive (le proprie e quelle osservate). Già molto tempo prima James sosteneva che le emozioni non possono essere ridotte a una percezione solo cognitiva ma che si collegano a sensazioni profonde viscerali, perché altrimenti sarebbero pallide e fredde, destituite da qualsiasi coloritura.

In ogni caso, il punto fondamentale è che siamo di fronte a una vera e propria conoscenza, una comprensione, una comprensione che è implicita, pragmatica e non riflessiva.

I neuroni specchio, dunque, ci fanno capire come funziona l’empatia, cioè la capacità di vivere situazioni e sensazioni dell’altro, di sentirsi al suo posto. Ma prima ci deve sempre essere stata l’esperienza personale e diretta dell’azione, del movimento inteso in senso globale e intenzionale: solo dopo ci può essere l’immedesimazione.
Dunque, il riconoscimento delle azioni e delle intenzioni degli altri attraverso vie non riflessive dipende dal nostro patrimonio motorio: i movimenti osservati vengono correlati ai propri, e questo permette di riconoscerne il significato.
Il cervello, basandosi sulle proprie competenze motorie, riconosce gli atti degli altri in un modo immediato, senza ragionamenti, in una comprensione che non passa per i meccanismi corticali.
Comunque, qualunque siano le aree corticali interessate, il meccanismo dei neuroni specchio incarna la modalità di un tipo di comprensione che viene prima di ogni mediazione concettuale e linguistica. (Rizzolatti)

INFLUENZE SULLA PSICOTERAPIA
Una prima ricaduta immediata importante di queste scoperte è stata l’utilizzazione del Senso-Motorio su bambini con gravi problemi psichici. L’intervento è stato volto a ricostruire (attraverso tecniche eminentemente di movimento) un “vocabolario” di atti che era molto carente; l’incrementarsi di questo vocabolario permetteva al soggetto di entrare a poco a poco di più in relazione con l’adulto, aumentandone le capacità di contatto, accrescendo le sue possibilità di risonanza e di empatia.
Ma non si possono certo trascurare le fondamentali e innovative influenze che queste scoperte hanno anche e soprattutto sulla psicoterapia.
Uno dei punti centrali nelle ricerche più recenti sulla psicoterapia riguarda il processo terapeutico, ci si chiede: cosa accade realmente quando un paziente riacquista delle capacità che aveva perduto, quando recupera benessere, quando rafforza il suo io e la sua autostima, quando supera patologie e disturbi?
Queste scoperte delle neuroscienze ci dicono in modo molto chiaro che nella cura devono poter intervenire elementi non solo cognitivi ma anche motori e sensoriali, dal momento che questi piani sono strettamente interrelati tra di loro.

Ed è quanto il Neo-Funzionalismo sostiene da tempo (e sul cui modello si basa la Psicoterapia Funzionale e la nostra Scuola di Specializzazione in Psicoterapia (www.psicologiafunzionale.it), studiando appunto le interrelazioni tra i vari Sistemi Integrati (Cognitivo, Neuronale, Neurovegetativo, Emotivo, Sensoriale, Motorio, Endocrino, Immunitario).
Non basta, infatti, riconoscere che questi Sistemi sono integrati, ma bisogna comprendere sempre più in che modo lo sono: come funziona l’essere umano quando sta bene e in salute, cosa accade quando si ammala (in ogni senso); e anche e soprattutto cosa accade nel processo terapeutico, come sono implicati i vari Sistemi quando il paziente migliora o guarisce.
Un primo punto da chiarire è che malattie e disturbi sono alterazioni del funzionamento di tutti i Sistemi, nessuno escluso. Ed è anche ormai chiaro che a causa delle alterazioni dei vari funzionamenti i Sistemi perdono la loro integrazione piena: si producono interruzioni tra le loro interrelazioni.

Le Funzioni psico-corporee che compongono i Sistemi possono rimanere cronicamente alterate e chiuse in cortocircuito su se stesse, non seguendo più un andamento adeguato alle situazioni esterne. E non possono ritrovare la piena mobilità se non si interviene direttamente su ciascuna di esse, cioè se non si interviene sinergicamente il più possibile sui vari Sistemi. Non dimentichiamo che  è superata la concezione che il sistema cognitivo possa regolare e controllare tutto l’organismo, tutto il Sé a tutti i suoi livelli. Bisogna allora intervenire sul Sistema Sensoriale, sul Motorio, oltre che sull’Emotivo e il Cognitivo, nonché sul Neurovegetativo e sull’Endocrino.

Ma per poterlo fare bisogna conoscere quali sono gli effetti che l’intervento su di un Sistema produce sugli altri Sistemi, e in che modo intervenire su ognuno di essi per far andare il paziente nella direzione giusta: ritrovare i suoi funzionamenti pieni e integri per superare problemi, disturbi e patologie.

Non basta aggiungere il corporeo nelle terapie più tradizionali verbali e cognitive, non basta “muovere il corpo” e vedere cosa poi accade, o interpretare e far rielaborare ciò che la persona ha sentito e vissuto. Il rischio è che la persona ricalchi i solchi dei suoi disfunzionamenti senza uscirne fuori.

  Bisogna invece produrre cambiamenti veri e propri (e nel senso giusto) in tutte le     Funzioni psico-corporee, in tutti i Sistemi del Sé.

Le tecniche messe a punto dalla Psicoterapia Funzionale, in anni e anni di sperimentazione, di ricerca, di verifica, di aggiustamento, agiscono appunto il più possibile su più livelli psico-corporei contemporaneamente. Ma producendo modificazioni che vanno tutte nella medesima direzione, per ottenere il più possibile i risultati attesi.
Quello che guida la sinergia degli interventi su più piani del Sé, su più Sistemi, è l’obiettivo che di volta in volta ci si deve porre: recuperare determinati e precisi Funzionamenti di fondo che si sono alterati nella persona, che sono rimasti carenti, bloccati. E questo lo si può fare perché ogni Funzionamento di fondo è costituito da un insieme organizzato di Funzioni (Sistemi Cognitivi ed Emozioni specifiche, ma anche apparati Senso Motori, Neurovegetativi ed Endocrini), tutti collocati in una configurazione precisa, su cui diventa chiaro come e in che direzione agire.

IL FUTURO IN PSICOTERAPIA
Le neuroscienze, con le sue recenti scoperte (e non solo quelle dei neuroni-specchio), rappresentano uno tra i più importanti punti di cambiamento e avanzamento delle concezioni che riguardano la persona: un punto che definirei di non ritorno. Queste nuove scoperte contribuiscono ad una comprensione più piena di come possa agire un intervento di aiuto a qualunque livello si ponga, rendendolo più efficace e profondo.

    Nessuna teoria psicoterapeutica dovrebbe più ignorare le nuove scoperte scientifiche

dalle neuroscienze agli studi sulla vita del bambino piccolo e sulla vita pre-natale, alle conoscenze raggiunte sull’integrazione mente-corpo, alle esperienze accumulate con un intervento terapeutico che agisce sui vari Sistemi del Sé.
Il rischio, altrimenti, è che si trascurino Funzioni e Sistemi significativi per il cambiamento e chiusi in cortocircuito, che si mettano da parte forme di interazione e di relazione importanti e forme rilevanti di espressione del Sé; come ad esempio il movimento con il suo significato profondamente ed eminentemente interattivo e sociale, nonché – come abbiamo visto – base di una importante forma di conoscenza e di comprensioni


Scuola di Psicoterapia

A proposito di Luciano Rispoli

Psicologo, Psicoterapeuta fondatore della psicologia Funzionale e del suo modello integrato di psicoterapia, trainer e formatore in Italia e all’estero in strutture pubbliche e private. Fondatore della Scuola Europea di Formazione in Psicoterapia Funzionale (SEF), della Società Italiana di Psicoterapia Funzionale (SIF) e della EIPF (Ecole Internationale de Psychothérapie Fonctionnelle – Escuela Internacional de Psicoterapia Funcional). Membro attivo sin dall’inizio di Organizzazioni Internazionali importanti della Psicoterapia: già Presidente della Società Italiana di Psicoterapia e Psicologia Clinica. Membro onorario dell’European Association for Body-Psycotherapy (EABP), del Comité Scientifique Internationale de Psychotherapie Corporelle (CSITP). Presidente onorario della Associazione Italiana per la Psicoterapia Corporea (AIPC). Autore di progetti per l’Infanzia e Adolescenza in diverse realtà, in Italia e all’Estero. Già docente di Metodologia clinica e prevenzione psicologica presso l’Università di Enna. Le sue ricerche hanno spaziato dallo studio sui Processi di psicoterapia e la loro valutazione, allo studio su Infanzia e Adolescenza, allo studio sui fenomeni dello Stress e la sua misurazione. Autore di 15 libri e di oltre 140 articoli pubblicati in Italia e all’Estero.

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