in “Quaderni Reichiani n. 5”, Napoli, 1975.
Con questo scritto Luciano Rispoli apre un dibattito sulla “liberazione del bambino”, discorso che va coraggiosamente affrontato e portato avanti.
Abbiamo aperto il dibattito sulla famiglia all’interno del Centro Reich, e all’esterno tramite la rivista, perché questo problema è il fuoco dell’attenzione attuale, oltre ad essere un vissuto personale, spesso drammatico, per genitori e figli che all’interno del nucleo familiare soffrono i disagi e le contraddizioni di questa società, nonché uno dei punti chiave sia dell’indagine psicanalitica in generale che del pensiero reichiano in particolare. Lo abbiamo aperto con saggi e documenti nei numeri precedenti e lo continuiamo in questo numero con un articolo che inquadra l’argomento in modo preciso e sintetico nei suoi aspetti generali. E’ un esempio di come si possano fondere, correttamente linguaggio psicodinamico e materialistico in un contributo unitario per una migliore comprensione della realtà e degli strumenti necessari per cambiarla.
Con questo scritto proseguiamo un dibattito che certo non si esaurisce qui, ma che può anzi vivificarsi per i numerosi spunti offerti, non ultimo dei quali il discorso fondamentale della « liberazione del bambino », che va coraggiosamente affrontato e portato avanti.
A proposito del bambino, di genitori e di figli, è importante far notare come la pressione condizionatrice della classe dominante operi anche a livello psicologico e di linguaggio. Ne è ultimo esempio il testo dei decreti delegati emanati per la scuola (definiti parlamentini-truffa dagli studenti). In esso si parla sempre, non a caso, di genitori quando ci si riferisce alla partecipazione delle componenti non scolastiche al governo della scuola. Gli operai, grazie alle cui lotte si è fatto qual che passo avanti per il diritto allo studio e per una scuola diversa da quella dei padroni, sono sempre chiamati genitori nell’ambito delle strutture scolastiche, come a sottolineare (e rinforzare) il ruolo autoritario (« la parola ufficiale è responsabile ») della scuola e della famiglia, pure in una nuova organizzazione che almeno all’apparenza vorrebbe essere più democratica, così come le vuole là borghesia. Infarcite, cioè, da false ideologie, alienate da interessi ed esigenze reali, strumenti di repressione e di condizionamento caratteriale, oltre che di selezione sociale.
Il contributo della sociologia marxista alla comprensione dell’istituzione familiare mi sembra possa essere essenzialmente riportato a due tesi fondamentali:
- a) la famiglia umana non è un fatto puramente («naturale», ma sociale e quindi STORICO;
- b) la famiglia è determinata nel suo divenire dalla divisione del lavoro e dai rapporti di produzione esistenti nella soc1età.
Nelle considerazioni marx-engelsiane sull’argomento, alcune tesi andrebbero precisate alla luce delle acquisizioni della antropologia culturale contemporanea, ma queste due tesi centrali sono ancora oggi valide e costituiscono il presupposto di una analisi «storico-funzionale» della famiglia, di una analisi cioè che colga la dinamica storica e la funzione economico-sociale e politica di tale istituzione.
In queste pagine cercherò di riassumere i punti essenziali di una tale analisi (LIMITATAMENTE al modello familiare tipico delle società capitalistiche occidentali) e di riportare i con tributi ad essa apportati dalla PSICOLOGIA SOCIALE REICHIANA.
Nella esposizione cercherò di distinguere (senza separarli astrattamente) gli aspetti socioeconomici (1), giuridici (2), strutturali (3) e sessuoeconomici (4) della, famiglia occidentale, di far presente quali di tali aspetti sono stati particolarmente considerati e in quale relazione sono stati. concepiti con gli altri nella analisi marxista e in quella reichiana.