in “Il laboratorio e la città” – XXI Congresso SIPs – Ed. Guerini e Ass., Milano, 1988.
Luciano Rispoli, Paola Bovo e Giuseppe Arcieri della S.I.V. (Società Italiana di Vegetoterapia e psicoterapia Corporea) propongono una ricerca che valuti la possibilità di modificare sensibilmente l’intero ”setting” della nascita, se uniscono operatori medici, paramedici, psicologi, nella condizione di comprendere l’importanza di tale cambiamento e di acquisire gli strumenti adatti per realizzarlo.
I fenomeni da stress possono essere maggiormente approfonditi se si prendono in considerazione in maniera integrata le differenti strutture psicosomatiche attraverso cui essi si manifestano. La genesi dello stress non può consistere in una connessione meccanicistica tra soggetto ed ambiente stressante, ma in una complessa interazione con situazioni esterne e condizioni interne dei processi funzionali del Sé Corporeo. Sullo stress influiscono aspetti motivazionali e cognitivi ed alterazioni della percezione o del senso-motorio. Nella ricerca gli squilibri del neurovegetativo sono apparsi connessi a modificazioni del tono muscolare “di base” di vari distretti corporei, ritrovandovi situazioni di “frustrazione” stratificate, sottostanti ai disturbi da stress. Nel modello clinico di riferimento la diagnosi delle sconnessioni esistenti tra i processi funzionali dell’organismo permette, penetrando a più livelli nel fenomeno da stress, di affrontare la prevenzione attraverso metodologie applicabili anche in ambiti non strettamente psicoterapeutici. Un esempio del collegamento indispensabile fra prevenzione e cura e la ricerca che abbiamo portato avanti in una struttura ospedaliera su neonati, nati da parto distocico cesareo o eutocico, che presentavano conseguenze da stress della nascita. Con l’intervento vegetoterapico nell’80% dei casi si è avuta la possibilità di restaurare la respirazione senza ossigeno-terapia o presìdi farmacologici, e di sciogliere le emozioni dell’esperienza del nascere ricollegandole al vissuto corporeo, ricavandone indicazioni di più ampia prevenzione in campo neonatale. Alla luce delle più recenti conoscenze acquisite sulle interazioni dei siate mi viventi con l’ambiente,è possibile analizzare sotto più angolazioni lo stress,uno dei più diffusi fenomeni di disfunzione dell’organismo nella società contemporanea.
– Possiamo innanzitutto escludere che lo stress sia dovuto meccanicamente soltanto a condizioni esterne. E’ vero invece che situazioni stressanti per un individuo lo sono molto di meno per un altro. Dunque una prima asserzione ci porta a considerare questo fenomeno come il risultato complesso di elementi relazionali multipli, nei quali si ritrovano congiunti cause ambientali ed esiti attuali di tutti i piani funzionali dell’intera persona. In altri termini vi concorrono fattori sia cognitivi che emozionali, modalità di funzionamento della struttura muscolare e dei sistemi biologici parti consapevoli ed aree inconsce del “sé”.
– Una notazione interessante, emersa dalle nostre ricerche, è che spesso una esplosione di fenomeni da stress può essere prevista sulla base di un esame approfondito della persona, della condizione del suo aspetto corporeo, della caratteristica del tono muscolare di base. In tal senso si riscontrano delle modificazioni sensoriali stabili, stratificate in alcuni distretti corporei. Pur non essendo visibili a prima vista, tali alterazioni sono presenti già prima che intervengano patologie acute, e rappresentano il substrato su cui queste ultime finiscono per innescarsi.
I fenomeni da stress vero e proprio sono al contrario molto eclatanti; apparentemente improvvisi e senza giustificazione, costituiscono un “pool” di sintomi connessi all’alterarsi dei normali funzionamenti della percezione, dell’apparato di locomozione o di sistemi interni quali il neurovegetativo. Lo stress ad esempio può portare a cambiamenti troppo bruschi, ad una prevalenza del vago o del simpatico con veri e propri crolli improvvisi, simili a collassi, che lasciano la persona debilitata ed impaurita.
– Il terzo elemento che caratterizza l’effetto stress é dovuto alla particolare risonanza interna che le vicende al contorno assumono nella vita di un individuo. La coloritura degli accadimenti, la qualità affettiva dei rapporti amplificano situazioni di frustrazione, di delusione e di sofferenza, creando nuclei patogeni di emozioni che difficilmente vengono accettate e vissute fino in fondo. A queste emozioni, non tollerate in genere dall’ambiente familiare originario, il bambino non riesce più ad accedere direttamente. Esse rimangono così incapsulate senza essere né espresse né riconosciute, e finiscono per alimentare uno stato indistinto di insoddisfazione, quasi una pulsione che non riesce a trovare né direzioni né mete, e che si ritrova sotto la forma fondamentalmente di ansia.
Come si ricollegano queste forme di emozionalità ritratta e modificata con l’esplosione dei sintomi da stress? La risposta è in legami profondi, non unidirezionali, che collegano rispettivamente sia il piano delle emozioni che quello dei disturbi da stress con il livello della funzionalità e della mobilità muscolare e strutturale dell’individuo.
– Un campo particolarmente suggestivo in cui si riconoscono gli elementi e le interazioni sin qui analizzati, è quello relativo alla gravidanza e al parto. Nella attività di preparazione ed assistenza al parto, realizzata da oltre 15 anni dal Centro Studi Reich di Napoli, si sono studiati in particolare le condizioni terminali della fase di espulsione, confrontando vissuti emotivi e condizioni muscolari relativi sia a questa fase, sia all’andamento complessivo di tutta la gestazione. La dilatazione muscolare vaginale, molto intensa nel momento della fuoriuscita del neonato, finisce per modificare in pochi attimi condizioni di contrazione, di chiusura stratificate in molti anni di vita. La paura di allentare del tutto la contrattura muscolare cronica, il senso di aprire e di non poter più trattenere nulla, sopravvengono nel giro di pochi minuti con le ultime spinte espulsive. In pochi attimi si mette in gioco una condizione “difensiva” saldamente fortificata da sempre. Le emozioni trattenute e incapsulate in questi blocchi muscolari pelvici e vaginali (tra l’altro molto diffusi nelle donne per una condizione sociale e culturale di repressione, di paure legate al potersi aprire e lasciarsi andare, di controllo prematuro degli sfinteri) vengono richiamate violentemente, non in chiave terapeutica, ma con un contenuto di angoscia addizionale. Lo stato di ansia (paura non espressa, fantasia inconsapevole, emozioni sulla nascita e la separazione) riflette la tensione muscolare in atto, che si sta smuovendo, e nello stesso tempo la alimenta improvvisamente in un feed-back incrociato. Le conseguenze vanno dall’impossibilità di portare a termine un parto naturale, senza dolore eccessivo e senza angoscia, alle complicazioni di altro genere patologico più o meno gravi. La riprova della messa in gioco di interazioni fra più piani di quel sistema complessivo che definiamo in psicoterapia carattero-analitica il Sé corporeo, è nei risultati enormemente differenti ottenuti con una preparazione al parto effettuata con tecniche di Vegetoterapia. Oltre ad accogliere e rispondere in modo contenitivo, a livello verbale e cognitivo ad aspettative, timori e fantasie, si agisce infatti direttamente anche sullo stato di mobilità della muscolatura pelvica e diaframmatica. In particolare si incide sull’andamento respiratorio, facilitando la dilatazione, i movimenti che presiederanno alla espulsione, l’ossigenazione di tutta la zona, e rimuovendo man mano dall’inconscio corporeo vissuti angosciosi connessi con la difficoltà a lasciarsi andare.
– Naturalmente l’andamento del parto e di tutta la gravidanza in genere, ha un’influenza molto precisa sulle condizioni psico-emotive del bambino. L’ansia si trasmette al feto attraverso i meccanismi fisiologici che la caratterizzano: carenza di respirazione profonda e di ossigenazione del sangue, con alterazione del funzionamento placentare e alterazioni metaboliche generali.
Ma sul bambino nell’utero incidono anche altri elementi corporei dell’ansia, quali l’agitazione motoria della madre, un’eccitazione del tono di voce, ecc. Infine come terzo fattore ritroviamo la scarsa elasticità delle pareti uterine e la riduzione del movimento diaframmatico, che si trasmettono direttamente come “pressione” anomala sullo strato superficiale del feto, in particolare sulla schiena. Esiste quindi già una storia emozionale e muscolare, sin nel grembo materno che si condensa, carica di significati, nel momento della nascita.
– Tale storia si riassume nel neonato in una serie di risposte e modificazioni a livello somatico, soprattutto muscolare e neuro-vegetativo, in senso spastico e simpatico-tonico: la cute è pallido-cianotica, 1a frequenza cardiaca e respiratoria sono basse e rallentate, i muscoli sono, ad un primo esame, flaccidi, ma palpandoli attentamente rivelano delle zone tese e dolenti con fasci ipertonici e “difesi”.
La ricerca, svolta in un reparto di neonatologia di una struttura ospedaliera, vuole porre l’accento sull’esistenza di un esperienza prenatale del neonato, scaturita dal rapporto con la madre e con l’ambiente in cui la madre vive ed agisce. Tale esperienza assume un ruolo importante sia per la relazione madre-bambino-ambiente sia per la formazione di una ”memoria” definita ”corporea” per la sua caratteristica di non essere codificata a livello corticale-cerebrale, ma presente nei vari distretti corporei sotto l’influenza ed il controllo del sistema nervoso Vegetativo.
– Visitando numerosi bambini nati sia da parto eutocico che da cesareo, si è riscontrato, frequente alla palpazione, un ipertono dei muscoli para-vertebrali ed interscapolari, soprattutto in neonati che presentavano al momento della nascita difficoltà ad iniziare una buona espansione polmonare, che si instaura di norma con i primi ”vagiti” e permette una idonea attività respiratoria.
– Su centocinquanta neonati osservati, all’atto dell’accoglimento, é stato praticato sia un massaggio corporeo generale, anche a fini diagnostici (per l’individuazione delle zone muscolari di tensione), sia un massaggio dolce, ma profondo, dei muscoli paravertebro-scapolari (oltre alla presenza di tecniche di accoglimento ”dolce”: luci soffuse, rumori naturali, ecc.).
In tutti i neonati che hanno presentato in prevalenza un tempo di comparsa del respiro superiore ai tre minuti, è stata riscontrata una zona di ipertonia muscolare nella regione suddetta, oppure una marcata ipotonia che in seguito al massaggio, ed in tutti i casi si è trasformata in ipertonia. Questo dato risulta molto importante perché riassume e conferma quello che la teoria del blocco muscolare, nella Vegetoterapia carattero-analitica, indica come espressione e somatizzazione del vissuto. Il dato generale da evidenziare è che il massaggio ha prodotto una stimolazione del respiro profondo e la comparsa di pianto in tutti i neonati trattati, aumentando il grado e la qualità della reattività ambientale. Il pianto è un moto espressivo immediato volto a sciogliere la tensione. Esso impedisce la cristallizzazione somatica della paura in un distretto, con una reazione vagale di espansione che permette al sentimento di effondersi in modo comunicativo. Si tratta in particolare di acquisire una nuova “funzione”, una relazionalità differente da quella affida solo al tatto e alle percezioni fisiche. Il neonato passa per la prima volta all’uso della fonazione e della semantica dei messaggi posturali somatici.
– Descriviamo in che consiste il trattamento. Il neonato viene accolto in un panno sterile, su di un fianco, e adagiato su un piano riscaldato e delicatamente illuminato, toccato senza scosse e asciugato con lo stesso panno senza mai abbandonare il contatto. Mentre una mano sorregge ed accarezza il capo, l’altra massaggia la schiena del piccolo. Il tipo di tocco deve essere possibilmente dolce ma sicuro e “penetrante”, tale da percepire la temperatura cutanea, la consistenza della pelle, la sua elasticità ed idratazione, i singoli fasci muscolari ed il loro grado di tensione o tono.
L’ipotesi è che il massaggio permetterebbe la mobilizzazione dell’energia legata dalla angoscia, e il rivivere la vicissitudine psico-fisica iniziata con il travaglio, trasformandola in potenzialità espressiva e relazionale.
– Sui 150 casi trattati, 90 neonati hanno avuto la comparsa dei primi atti respiratori nel primo minuto di vita e con una qualità espressiva molto intensa.
In 40 casi si è indotto e regolarizzato il respiro ed il pianto dopo tre minuti di vita, evitando la somministrazione di farmaci (in prevalenza cortisonici ed analettici) e boccaglio ad ossigeno a pressione positiva. I rimanenti 20 casi hanno subito una riduzione dei tempi di intervento e delle dosi (somministrazione di farmaci e manovre rianimatorie), con comparsa del respiro dopo cinque minuti dalla nascita. Bisogna però precisare che in tutti questi venti casi è stato applicato ossigeno a pressione positiva al terzo minuto per non correre il rischio di ledere il tessuto nervoso per ipossia. Bisogna altresì specificare che tutti i neonati esaminati hanno in seguito avuto un decorso più o meno fisiologico, e che a distanza di tempo, (sino ad otto mesi) non si sono verificati eventi patologici degni di rilievo o comunque riferibili a patologie perinatali.
Conclusioni
Da questa ricerca emerge come primo punto rilevante la possibilità di modificare sensibilmente l’intero ”setting” della nascita, se si mettono operatori medici, paramedici, psicologi, nella condizione di comprendere l’importanza di tale cambiamento e di acquisire gli strumenti adatti per realizzarlo. Una seconda considerazione, di carattere più teorico-scientifico, riguarda la conferma all’ipotesi secondo cui siamo in grado di agire sullo stress con successo, non solo a livello di cura, ma anche a quello di effettiva prevenzione. Come abbiamo visto, è possibile sul neonato all’atto della nascita cogliere gli esiti di una storia che si è già inscritta nello psichico e somatico al contempo, e che è il riflesso della sua relazione intima con la madre. Questa storia è fatta di pensieri, di emozioni, ma anche di percezioni trasmesse direttamente sul corpo del bambino. A livello di modello teorico generale, questo permette di considerare le ipotesi di una “psicosomatica” delle emozioni caratterizzate da due elementi dì base. Il primo è che esiste sia dalla condizione di gestazione una vera e propria relazione oggettuale nel bambino. Il secondo è che a queste relazioni partecipano, sin dalla vita intrauterina, in modo interrelato, tutti i piani e le funzioni che costituiscono il Sè corporeo, raggruppabili nelle quattro grandi aree del muscolare-posturale, emotivo, cognitivo-simbolico, fisiologico.