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Luciano Rispoli Psicologia: L’anoressia
I fattori che concorrono a questo delicato e difficile stato patologico sono multipli: fondamentalmente di tipo psicologico ed emotivo, ma anche direttamente motorio e fisiologico.
Si tratta per la maggior parte di adolescenti (soprattutto di genere femminile) che hanno una grande necessità di affermare la loro autonomia e la loro forza, e cercano di trovarle opponendosi in particolare al mangiare, cercando di sottrarsi almeno nel campo del cibo agli influssi forti dei genitori, e specie delle mamme troppo invadenti e impositive della loro volontà e dei loro punti di vista. E, del resto, è ben noto quanto soprattutto le mamme ci tengano che i figli mangino, per cui è proprio su questo punto che può funzionare meglio un tentativo di opposizione..
Ecco perché l’anoressia è di gran lunga più diffusa tra ragazze. Ai maschi molto più facilmente si permettono e si perdonano moti di ribellione, manifestazioni di rabbia e di forza, scatti di violenza, quasi fossero un segno positivo del loro essere maschi. Al contrario, ancora oggi, nonostante grandi passi in avanti fatti per la parità uomo-donna, esistono delle forti stereotipie di genere: ciò che è permesso ai maschi è considerato impensabile e molto riprovevole per una bambina, per una ragazzina, che così, a poco a poco si ritrova privata di una fondamentale e sostanziale forza interna.
Altro fattore che gioca un ruolo importante in tutti i disturbi dell’alimentazione (e anche nell’anoressia) è la difficoltà ad avvertire sazietà e soddisfazione nel nutrirsi: si tratta di una grave perdita di contatto con queste sensazioni che vengono dallo stomaco e dal corpo più in generale.
E infine, terzo fattore che incide nel far raggiungere condizioni di estrema gravità nell’anoressia, è la crescente difficoltà dell’adolescente ad avere un’immagine giusta e corretta del proprio corpo, che non piace, e che viene giudicato sempre e ossessivamente troppo grasso, anche quando invece è sottopeso.
Per tutti questi motivi, una ragazzina anoressica, abituata a vomitare continuamente o disabituata a mangiare, finisce per non riuscire più a ritenere nel proprio stomaco nemmeno piccole quantità di cibo, e deperisce in modo molto pericoloso.
La Psicologia Funzionale ci ha fatto capire che l’anoressica, oltre ad essere vittima di un’immagine distorta che ha di sé e di una mancanza del senso di sazietà, fondamentalmente lotta paradossalmente per rafforzarsi, per trovare una forza che invece drammaticamente non ha più. Non mangiare la fa sentire più dura, più resistente e forte. Essere piena le fa orrore perché le dà la sensazione di debolezza, di pesantezza, tipica della digestione, del dopo-pranzo.Il guaio è che la forza che realmente l’anoressica avverte nel suo essere magra e scattante, temprata e dura, in fondo è fittizia, è una forza più che altro fatta di resistenza; e tra l’altro anche questa falsa forza iniziale poi si perde completamente quando si continua a non mangiare e a dimagrire, fino a una condizione di estrema fragilità e di estremo pericolo che però l’anoressica finisce per non avvertire più.
Fortunatamente oggi, grazie a questa visione della psicologia Funzionale che ci ha portato a “scoprire” la dinamica relativa alla “forza” e al “sentirsi”, e grazie alle relative metodologie, possiamo intervenire in modo efficace sui gravi problemi dell’anoressia.
Si tratta innanzitutto di ritrovare il funzionamento che permette di rimettersi in contatto profondo con le reali Sensazioni corporee; ma anche e soprattutto di ricostruire (attraverso tecniche terapeutiche molto precise che agiscono su tutti i livelli psico-corporei) una Forza, una Consistenza e una capacità di Affermazione non più illusorie ma profonde, reali e stabili.
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