Scuola psicoterapia: Apertura dei Lavori del 7° Congresso WADP.

VII Congress of the World Association for Dynamic Psychotherapy” – Berlin, 1989.

Luciano Rispoli presenta il VII Congresso dell’Associazione mondiale per la Psicoterapia Dinamica, tenutosi a Belino nel 1989.


E’ veramente con molto piacere che vi porto oggi innanzitutto il saluto, i complimenti e gli auguri delle organizzazioni internazionali che ho qui l’onore di rappresentare. E cioè l’Organizzazione Europea per la Psicoterapia Corporea, l’Organizzazione Internazionale per la Somatoterapia, l’Organizzazione Internazionale per la Psicoterapia Corporea. Come voi forse saprete in questi ultimi anni si è andata sempre più delineando a livello scientifico quella particolare area della Psicologia clinica e della Psichiatria che è appunto l’area della Psicoterapia Corporea. Nei recenti Congressi Europei e Internazionali si sono consolidate le basi  sia teoriche che di tipo tecnico di un approccio alla salute e alla malattia, lo Psicocorporeo, che è in continua e rapidissima espansione, ma che necessitava di un rigore scientifico e metodologico che andasse ben al di là delle tante tecniche, molto spesso prive di qualsiasi teoria, che sono proliferate in questo settore.

In secondo luogo sono onorato di portarvi il saluto e l’adesione anche della nuova Organizzazione Internazionale, quella della Psicoterapia Funzionale, che ho di recente fondato, dopo 20 anni di ricerche che hanno fatto seguito alla teorie di Reich e che si sono consolidate appunto (all’interno del più ampio campo della Psicoterapia corporea) nella Psicoterapia Funzionale.

Noi seguiamo da tempo con estremo interesse l’attività scientifica e clinica del Dr. Ammon, dei suoi collaboratori e della Psichiatria Dinamica. Anche per una personale amicizia nei suoi confronti che mi onora, e che nei suoi primi contatti risale all’anno 1973. Ma soprattutto perché la visione olistica della Psichiatria Dinamica, la sua capacità di affrontare l’uomo a più livelli, anche nelle sue patologie più gravi, ci ha sempre colpito profondamente e ci ha trovati estremamente vicini. In fondo si può dire, e naturalmente questo vuol essere un apprezzamento lusinghiero, che la Psichiatria Dinamica si pone, per molti versi, proprio come un approccio Funzionale, in uno stretto parallelismo con la Psicologia e la Psicoterapia Funzionali. La psicoterapia Funzionale e il suo oramai noto modello quadrifunzionale del sé )che tanto successo stanno incontrando nel mondo scientifico), non consistono in una teoria conchiusa e perfezionata, ma rappresentano una proposta originale (patrimonio di tutta la Psicologia clinica e la Psichiatria) un processo in itinere e una strada aperta verso il raggiungimento di un modello teorico-tecnico complesso e globale che integri differenti approcci, unifichi tendenze e rimetta in connessione esperienze e campi contigui.

In questo sguardo sul futuro, verso una psicologia e una psichiatria non più assurdamente frantumate, il problema delle sindromi Borderline assume un ruolo estremamente significativo. La sindrome Borderline, infatti, va al di là degli aspetti puramente tecnici e clinici (pure estremamente importanti), perché pone l’accento sui processi fondamentali dell’ammalarsi e dello star bene dell’essere umano. Essa costituisce una discriminante inequivocabile tra due punti  di vista:

1) le teorie organiciste, o quelle che comunque considerano la patologia mentale più grave, la psicosi, come un mondo a sé stante, un salto di discontinuità rispetto alla nevrosi e alla cosiddetta normalità, una condizione umana completamente differente e separata da tutto il resto;

2) le teorie che recuperano la fondamentale e basilare unitarietà della condizione umana, che stabiliscono un continuum non solo tra nevrosi e psicosi, ma anche tra malattie psichiche, fisiche e psicosomatiche.

Io ritengo che proprio da questa seconda concezione, a partire da questo nuovo e unitario (ma non generico) modo di intendere l’essere umano, è possibile sviluppare quella cooperazione, quella complementarietà di sforzi che può farci procedere lungo la strada di cui parlavo, che io definisco Terapia Funzionale, nel senso cioè che sia in grado di affrontare l’unitarietà dell’uomo, riuscendo ad intervenire sulle complesse relazioni che collegano tutti i processi funzionali dell’organismo, i quali appunto determinano nel loro insieme e non separatamente  la qualità della vita e la possibilità di recuperare una condizione profonda di benessere e di pienezza del Sé.