Psicomotricità, 1999.
Notevoli progressi si sono compiuti negli ultimi tempi nella comprensione dei meccanismi di funzionamento mente-corpo degli esseri umani, nuove conoscenze si sono andate aggiungendo rispetto alle prime ipotesi formulate più di cinquant’anni fa. Oggi, ad esempio, conosciamo l’esistenza di una vera e propria memoria corporea, una memoria periferica che non coincide necessariamente con una memoria centrale, corticale.
Memoria corporea
Ora, perché ci sia una “memoria”, bisogna che le Funzioni della figura 1 si siano alterate in modo cronico, permanente, e non siano più variabili e modulate come dovrebbero normalmente essere. Il tono muscolare può essere restato, in alcuni distretti, troppo intenso (scollegato dalle reali esigenze esterne), si possono essere cristallizzate posture particolari, possono essere diventati prevalenti alcuni movimenti inconsapevoli. Le alterazioni di queste Funzioni sono in realtà delle tracce ben visibili e concrete di esperienze passate: esperienze non accoglienti, non soddisfacenti, non gratificanti; sono gli esiti di quelle esperienze. Un qualunque intervento riabilitativo o terapeutico, dunque, dovrebbe come suo obiettivo fondamentale poter sciogliere queste tracce. Come si operava qualche tempo fa?
Modalità operative della Psicoterapia Corporea
Nella figura 2 sono riportate alcune delle modalità più note con le quali, all’interno di un discorso più o meno strettamente psicoterapeutico, si operava sul corpo. Ma sbloccare, scaricare, far muovere sono solo delle tecniche, e per di più tecniche generiche, che non soddisfano più le esigenze di una scienza che avanza.
In psicoterapia corporea, così come in psicomotricità, emerge ancora una volta di più la necessità di una teoria complessiva relativa al funzionamento mente-corpo. Se studiamo infatti il movimento, e agiamo sul movimento, è necessario allora comprendere il funzionamento del movimento stesso, a più livelli, e non accontentarci di intuire cosa esprime quel movimento in quel dato momento. Innanzitutto bisogna arrivare alle origini del movimento, quando il movimento era espressione spontanea e libera del bambino. Successivamente il movimento può essersi alterato, può essere divenuto un movimento ripetitivo e stereotipato: è importante arrivare a vedere in che modo esso si è alterato. Solo allora è possibile risalire al significato di quell’alterazione, e leggerlo all’interno dell’intera storia della persona. A questo punto possiamo parlare in modo più concreto e realmente produttivo di intervento. Ma anche l’intervento deve essere guidato da una visione completa e non parziale, dalla visione del funzionamento dell’intera persona. Come modificare la persona nel suo funzionamento complessivo? Come modificare ciò che è connesso al movimento (emozioni, immaginazioni, sensazioni; ecc.) incluso il movimento stesso? Come modificare la persona in relazione a quella particolare storia, a quelle esperienze e a quei vissuti che hanno portato al movimento alterato?
Tutto ciò non può non essere alla base di un qualunque intervento di psicoterapia corporea, di psicomotricità o di danzaterapia che sia. Potranno cambiare, infatti, a seconda dei casi, i contesti, gli ambiti dell’intervento, le richieste avanzate dalle persone, la profondità a cui si arriva; ma la teoria alla base dell’intervento non può che essere la stessa: una teoria integrata mente-corpo.
L’unitarietà della persona e le Funzioni
Una teoria integrata del funzionamento mente-corpo deve necessariamente consistere in una visione innovativa (e specifica) del funzionamento della persona: deve tener conto di elementi che prima non venivano considerati, di nuove scoperte fatte in molti anni di pratica e di ricerca, di nuove conoscenze accumulatesi. Non possiamo semplicemente aggiungere ad una teoria psicologica o clinica preesistente le tecniche di intervento sul corpo, e continuare a spiegare ciò che accade mediante i concetti precedenti, perché questi concetti non potevano tenere in considerazione le nuove scoperte sul rapporto corpo-mente, quali la memoria corporea.
Dunque una siffatta teoria deve tener conto di diversi elementi, che qui di seguito elenchiamo:
- l’unitarietà della persona, la sua globalità reale;
- il fatto che esiste una memoria corporea indipendente dalla memoria cognitiva centrale;
- il fatto che l’intelligenza dell’essere umano non è solo di tipo cognitivo, ma è anche emozione, movimento, respiro, sistema neurovegetativo, propriocezioni;
- le nuove scoperte relative al neonato e alla vita del bambino anche prima della nascita: la sua capacità di essere attivo, in contatto profondo e reale con l’esterno, con movimento ed emozione integrati, con capacità cognitive sin da subito, con la struttura del tempo già nel grembo materno, con una integrazione completa dei suoi livelli di funzionamento sin dall’inizio;
- ciò che si è verificato in anni di esperienze all’interno della psicoterapia corporea, della psicomotricità, ed ora della danzaterapia: modificazioni profonde a livelli biologici, fisiologici, emotivi, simbolici: con il “lavoro sul corpo” che ci faceva capire la profonda interazione tra questi livelli, e ci convinceva che il cambiamento non passa solo per la mentalizzazione, per l’elaborazione di pensieri e parole, per la rappresentazione simbolica.
Tutto ciò necessitava di un vero e proprio salto epistemologico, di una teoria che potesse ricollegare i contributi delle altre teorie (la loro parte ancora valida) in una formulazione più ampia e complessiva. Nasceva cosi la Teoria Funzionale. Per poter considerare la persona nella sua interezza, nella sua unitarietà non sono più validi concetti come “mente” e “corpo” (troppo vaghi, generici e non operativi); e non ha più senso parlare di “parti” della persona giacché le parti frammentano, scindono, sono di per sé in conflitto. Le Funzioni, invece, rappresentano l’unitarietà, un olismo che però non è vago e indefinito. Le Funzioni possono essere studiate, infatti, nel loro andamento, in modo concreto, dettagliato e operativo, senza perdere di vista l’unitarietà. In ogni Funzione si esprime la persona nella sua interezza. Nella Figura 3 è rappresentato il caso di una persona, di una donna di 35 anni di nome Maura. Possiamo vedere concretamente come le Funzioni sono diventate nel tempo: quelle troppo presenti (cerchi più grandi), quelle rimaste ipotrofiche (cerchi piccoli), quelle che si sono alterate nel funzionamento presentando stereotipie e sclerotizzazioni (cerchi ispessiti). Possiamo analizzare il funzionamento di Maura sin nei minimi dettagli senza perdere di vista la persona nella sua globalità. Questo perché con le Funzioni noi risaliamo al funzionamento profondo, quello che è alla base dei suoi comportamenti, delle sue azioni, delle sue espressioni.
Le Funzioni sono integrate sin dall’inizio, e sono presenti sin dall’inizio nell’esistenza degli esseri umani. Le Funzioni ci fanno capire cosa è accaduto nella vita della persona, ci permettono di comprendere perché alcune vicende e alcuni aspetti sono consapevoli e altri no, come si sono sconnesse le sensazioni dalla coscienza e così via. Tutte le Funzioni hanno la stessa importanza, sono tutte interconnesse in modo paritetico, circolare (come mostra la Figura 4): nessuna è più importante delle altre, nessuna può essere trascurata o è meno indispensabile per la salute, il benessere e la vita.
La Teoria Funzionale si rivela congruente con le nuove scoperte e le nuove conoscenze; e ci permette di capire come ciascuna Funzione è connessa alle altre: ad esempio come il movimento è collegato alle emozioni, alle sensazioni, al simbolico, alle immaginazioni. Le tracce del passato le si possono ritrovare nelle alterazioni delle Funzioni, di qualsivoglia Funzione (e non solo nei ricordi, nelle fantasie o nel simbolico). La Teoria Funzionale permette di affrontare la complessità senza cadere in pericolosi riduzionismi, ma senza nemmeno rinunciare all’operatività e all’agire scientifico.
La terapia
Ora, alla luce di questa teorizzazione, vediamo in che cosa debba consistere un intervento psicocorporeo di tipo integrato, sia che si tratti di psicoterapia che di riabilitazione o di prevenzione.
Appare chiaro che l’obiettivo di fondo non possa più essere il muovere per muovere, lo scaricare, lo sbloccare; o meglio tutto questo riacquista di senso se va nella direzione di rimodificare le Funzioni alterate. Bisogna ridare alle Funzioni la mobilità originaria; bisogna ricollegarle e ricostruire l’integrazione che esisteva prima dell’ammalarsi; e infine ricostituire l’equilibrio tra di loro, ridare spazio a quelle soffocate e contenere quelle debordanti. L’intervento ora appare chiaro e concreto, e può essere anche progettato nei minimi dettagli, e dall’inizio sino alla fine. Non avrà più senso fare movimenti per “esplorare la propria spontaneità” se non si realizzano dei veri profondi cambiamenti nei movimenti stessi. Deve essere chiaro come deve essere fatto il movimento e in che direzione deve portare. Se una persona ha movimenti molto controllati bisogna che a poco a poco questi movimenti si modifichino e poter diventare concretamente (quando la persona lo vuole) movimenti caotici, liberi, fuori dagli schemi rigidi. Movimenti agitati devono vedere rinascere al loro fianco anche movimenti calmi; se manca la forza questa deve essere recuperata; la morbidezza deve sussistere accanto alla durezza, la lentezza accanto alla velocità. E questo deve realizzarsi per tutti i piani Funzionali, per tutte le emozioni, per tutte le espressioni. In realtà in qualunque intervento di modificazione corpo-mente noi non modifichiamo solo le Funzioni. Cosa accade allora a livello più profondo? Quando si modifica qualcosa, in realtà si recupera qualcosa, come abbiamo già potuto vedere: si recuperano capacità e potenzialità che il bambino già possiede (anche se egli le deve poi sviluppare e consolidare in differenti contesti e differenti situazioni) ma che gli sono state soffocate e alterate da vicende di vita negative, da condizioni non accoglienti e non gratificanti: da un ambiente che non ha saputo rispettare e soddisfare i suoi bisogni più profondi ed essenziali. Ciò che viene recuperato, al fondo delle cose, al di là delle tecniche, sono antiche modalità relazionali ed espressive che ho definito Esperienze Basilari del Sé: cioè i mattoni della vita. Dunque, alla persona, in psicoterapia, in psicomotricità, in danzaterapia, non devono venir proposte e fatte attraversare esperienze qualsiasi, esperienze confuse, lasciate al caso o alla alterata ripetitività del soggetto, inquinate di elementi contraddittori. Oggi è possibile finalmente andare su interventi molto precisi, utili e centrati, recuperando proprio quelle Esperienze Fondamentali che erano state carenti nella vita passata delle persone, e che, se recuperate in pieno, possono ritornare a far parte del loro bagaglio permanente di capacità e potenzialità. Questo permette agli interventi di diventare sempre più efficaci, più profondi, di durata minore, più stabili; e anche meno dolorosi e più piacevoli.
La prevenzione
Un altro grande vantaggio della Teoria Funzionale è la sua capacità di leggere segni precoci del disagio (vedi figura 5), molto prima che siano intervenuti in modo eclatante sintomi e disturbi palesi. E’ possibile infatti guardare in modo multidimensionale all’intera configurazione del Sé e rilevare eventuali alterazioni già in atto (su qualsiasi piani Funzionale), alterazioni che non si sono ancora aggravate e collegate tra di loro a formare sintomi, o disfunzioni della condotta, o dell’espressività. Una volta letti i segnali precoci, oltre ad avere un quadro esatto della situazione, è possibile anche progettare un intervento che sia preciso, calibrato esattamente sul bambino, e perciò realmente preventivo.
In tal senso, la Teoria Funzionale permette di agire attraverso le attività di riabilitazione psicomotoria con grande precocità, precisione ed efficacia. Non si tratta più solo di esplorare capacità psicomotorie, di ripercorrerle tutte, di procedere su strade troppo lunghe e troppo generiche. Possiamo progettare laboratori di riequilibrio del Sé, e di recupero delle Esperienze di Base carenti in modo centrato, secondo le reali esigenze dei soggetti. Possiamo realizzare un intervento di recupero e di riarmonizzazione del sé prima che sia tardi; come attività diffuse per l’infanzia: nelle Scuole, e nel tempo libero, attività giocose e divertenti, ma anche capaci di andare esattamente nella direzione del recupero pieno di quei funzionamenti che sono alla base della vita, della gioia, della capacità di godere dell’esistenza, del pieno e completo benessere.