in Nuova Stagione, 1999.
Luciano Rispoli, psicologo e psicoterapeuta, riflette sulla necessità dell’essere umano di allentare ed entrare in uno stato di rilassamento dell’ organismo.
«Il tentativo di allentare la morsa in cui ci si sente stretti da tempo indefinito», secondo Luciano Rispoli psicologo e psicoterapeuta, direttore del “Centro Reich”, questa è la causa che porta a bere. «In genere sono alcolisti le persone che già da piccole hanno dovuto badare a se stesse, che se la sono dovuta vedere da sole anche in maniera eccessiva e precoce». La morsa in cui si sentono continuamente stretti è pesante, non permette momenti di abbandono forti. «L’alcolista – secondo Rispoli – inizia proprio così: le prime volte che assaggia una sostanza alcolica comincia ad avvertire che qualcosa si allenta, soprattutto a livello di vigilanza e di controllo».
Quasi che l’alcol lo aiutasse ad essere più sereno? «Più che di serenità parleri proprio di rilassamento: l’alcol, nella prima fase, dà la sensazione di potersi rilassare, di potersi lanciare in diverse situazioni. Persino di abbassare l’altissimo livello d’allarme che spinge a vigilare su tutto e su tutti persino nei rapporti interpersonali». E chiaro, poi, che il “benessere” dura poco: nell’alcol le sensazioni anziché essere più forti si affievoliscono inarrestabilmente. E, allora, l’alcolista beve in continuazione per ricercare quella sorta di “oblio”… «Non ci si accontenta più perché l’allentarsi dalla morsa significa una pausa dall’ossessione continua del giudizio e del controllo. E, sopravviene, l’errata convinzione che basti poco alcol per essere tranquilli, ma non è mai così – dice Rispoli – gli effetti delle bevande alcoliche diminuiscono ed, allora, occorre sempre più alcol». Si instaura un circolo vizioso da cui non si riesce più ad uscire. «Un tentativo di lasciarsi andare continuo che non si placa mai e che conduce, addirittura, ad avere delle allucinazioni terribili ed angoscianti».
Ma come si esce dall’alcol? «Il primo passo è logicamente la volontà del soggetto. E, poi, si cerca di sostituire lo stato di allentamento che l’alcol produce con un effetto fisiologico naturale. Quando si lavora con un alcoli- sta si cerca di procura re le stesse sensazioni corporee che si ottengono bevendo. Con un grosso lavoro psicocorporeo ci si riesce a riappropriare di se stessi e delle proprie sensazioni. Quando in seduta si avverte ciò si comincia a capire che ce la si può fare anche senza alcol».
Quale è la strada della prevenzione? «Si può lavorare con i genitori spiegando che è importante che i bambini abbiano la grande capacità di “allentare” ed aiutarli anche attraverso il gioco ad arrivare a questo». E, poi, una proposta… «Si potrebbero organizzare dei momenti di prevenzione nelle scuole con dei giochi mirati a far riprendere e recuperare la capacità di lasciarsi andare in maniera serena per far funzionare il nostro organismo. Capendo il disagio a cui è legato l’alcolismo si possono aiutare anche i bambini».