in “La Repubblica”
Luciano Rispoli, Fondatore e Presidente della S.I.F. (Società Italiana di Psicoterapia Funzionale Corporea), affronta il cambiamento dell’uomo moderno durante i periodi di ferie dal lavoro.
Alcuni giorni addietro la televisione dava una notizia curiosa a proposito del famoso e famigerato “mal di testa della domenica”. Si diceva che recenti studi avevano finalmente scoperto che a provocarlo non erano cause di tipo psicologico, ma il semplice fatto di non prendere il solito caffé la mattina, appena svegli. I ricercatori l’avrebbero scoperto con un’indagine svolta su un campione di sofferenti che, guarda caso, erano anche accaniti bevitori di caffé. Siamo alle solite ineffabili scissioni tra la parte psichica e quella corporea dell’uomo, perpetrate così sovente nella cultura occidentale, soprattutto dal medioevo e dal romanticismo in poi. Alla luce delle attuali conoscenze, è invece molto più verosimile ritenere che ciò che produce il malessere e le cefalee non sia in realtà la mancanza di caffeina quanto il cambiamento: cambiamento nei ritmi, nelle ore di sonno, nella colazione mattutina (anche), nelle attività della giornata. Paradossalmente sono proprio un più lungo dormire, il potersi riposare meglio, fare tutte le proprie cose “con comodo” la mattina, a generare l’emicrania della domenica.
Psichico e somatico sono, come sempre, strettamente intrecciati: il corpo e la mente reagiscono insieme al cambiamento. Con questo non si vuole assolutamente affermare che il cambiamento sia dannoso. Anzi, al contrario, il cambiamento è estremamente benefico, purché non sia troppo violento e totale, ma morbido, graduale, modulato dolcemente. Ecco che allora, dopo una settimana di lavoro intenso (e perché no, anche di caffé mattutino), l’interruzione festiva troppo brusca genera squilibri e sofferenze (tipica, oltre alla cefalea, è la depressione della domenica). Cosa dire allora delle vacanze estive? Di questo dover modificare vita e abitudini addirittura di un intero anno? Possiamo cominciare finalmente a capire perché tanti piccoli o grandi malanni ci colpiscano (guarda che sfortuna) proprio quando stiamo per andare in vacanza, o appena abbiamo iniziato le ferie, o comunque nei momenti cruciali di cambiamento della nostra vita.
Come reagisce l’umano comune a questa “inconsapevolmente nota” iattura ?
A volte rimanda i preparativi per la partenza, come se non fosse una cosa imminente (e alla fine si trova a dover far tutto in gran fretta). Se il periodo di vacanze non coincide immediatamente con un viaggio, può invece “prolungare” indefinitamente il lavoro, perché c’é sempre un’ultima cosa da fare, un’ultima da sistemare, prima di poter veramente staccare la propria attività. Qualcun altro non l’interrompe nemmeno: porta con sé carte , pratiche, cose da sbrigare. Chi ha la villa o la casetta di villeggiatura trova il modo di continuare a sfacchinare tra mille piccoli lavori, per tenerla a posto: certo per hobby, perchè quell’attività distende! Altri si difendono dal cambiamento portandosi dietro, in villeggiatura, tutto quello che possono prendere della propria casa cittadina, della propria vita abituale. Tutti abbiamo avuto la visione di automobili sulle autostrade, dirette alle zone di vacanza, stracolme di ogni genere di suppellettili, di sedie, tavoli, biciclette, televisori, tappeti, letti e materassi. Le vacanze come un trasloco! Ma, del resto, chi non ha fatto almeno una volta l’esperienza di prendere, nel fare i bagagli, anche quella camicia e il pantalone beige che possono sempre servire, e perché no qualcosa di pesante – chissà se si guasta il tempo e viene freddo – forse è meglio anche il giaccone, e non dimentichiamo il vestito elegante da sera; e ritornare a casa dal viaggio avendo usato come al solito neanche la metà dei vestiti portati?
Sono tutti esorcismi contro il cambiamento troppo radicale, umanamente comprensibili. Ma c’é un limite a tutto! Credo che uno dei colmi mi capitò di vederlo in un campeggio, dove una “graziosa famigliola”, oltre a televisori, frigoriferi, moquette, tappetini, pentole e piatti, servizi di tutti i tipi, sfoggiava anche una mastodontica affettatrice elettrica. Non lasciatevi però impressionare e non temetelo: il cambiamento fa bene, anche se all’inizio una dose di malesseri può a volte, nonostante le precauzioni e la gradualità, essere inevitabile. C’è infatti un malessere molto noto: da miglioramento delle condizioni di vita. Ad esempio, una più sana e finalmente più abbondante respirazione molto spesso provoca disturbi (cefalee, giramenti di testa, debolezze, mal di pancia) all’inizio. L’aria buona e la vita più salubre fanno di questi scherzi, perché all’inizio l’organismo non è comunque abituato a vivere in modo più sano, all’aperto, all’ossigeno. L’organismo intossicato soffre (ma solo in una prima breve fase) di una sorta di crisi di astinenza. Del resto quando, dopo un soggiorno in località meno inquinate, ritorniamo nella nostra città, allora ci accorgiamo della cappa di smog che grava su Napoli, perché riusciamo a percepirla molto nettamente, sia nel vederla, che nel respirarla: altro che aria di mare! E’ come quando ci si cura con la medicina naturale o con il digiuno, o con la psicoterapia; le tossine incamerate nel nostro corpo e nella nostra psiche, le tossine dell’abitudine, vanno in circolazione proprio durante il trattamento, aggredendo il nostro senso di salute, l’equilibrio precedente, e ci pongono in uno strano stato di alterazione.
Ma niente paura: dopo ci si sentirà veramente bene. L’importante è immergersi nella natura; sentire finalmente il proprio corpo, lasciarlo vivere più libero, sciolto, in un’osmosi continua con l’ambiente; essere più in contatto con noi stessi.