in “Benessere e malessere” XXII Congresso SIPs – Ed. SIPs, S. Marino 1991.
Luciano Rispoli, Presidente S.I.F. (Società Italiana Psicoterapia Funzionale corporea) . Presidente Comitati Scientifici Nazionale ed Internazionale per la Psicoterapia Corporea, tratta la difficoltà generale, nell’ambito della psicologia, di definire i differenti sistemi teorici ed espone la prospettiva funzionalista, che vede l’essere umano come insieme complesso e complessivo di numerosi processi funzionali, a più livelli e su più piani.
Uno dei problemi più attuali nel campo della psicologia consiste nella difficoltà epistemologica a definire i sistemi teorici generali che informano ed inquadrano l’intero procedere della ricerca e delle modalità di applicazione dei risultati. Bisogna innanzitutto evitare di ingenerare confusioni e sovrapposizioni tra due ordini differenti di concetti: da una parte i campi e i settori di applicazione; dall’altra le teorie generali e i modelli proposti per la comprensione dei fenomeni psicologici e psicofisiologici. Troppo spesso alcuni settori di applicazione sono stati scambiati per teorie (e dunque considerati di per sé); come, ad esempio, nel caso della psicologia del lavoro, o nella psicologia dei gruppi, o ancora nel caso della psicologia corporea. Nonostante filosofia ed epistemologia stiano ancora discutendo per uno statuto generale, valido per le scienze umane e per il loro procedere, una certezza resta nell’assunto ipotetico- deduttivo: costruire, cioè, sistemi teorici generali su alcune ipotesi di base, da verificare attraverso un criterio di congruenza interna, e una serie di riprove sperimentali, ottenute ricalandosi nei vari ambiti di applicazione del sistema generale. Anche in psicologia clinica, perciò, nonostante le differenti concezioni che possono essere date ai “termini” di verifica e di sperimentazione, e l’importanza fondante della relazione, uno dei punti irrinunciabili per la validità dei sistemi e paradigmi rimane l‘esistenza di un quadro teoretico generale, basato su ipotesi ben specifiche riguardanti la teoria di personalità, e di un’ampia gamma di applicazioni in vari ambiti, in cui questo quadro teorico poi si può particolarizzare. Quando parliamo di grandi Aree teoriche generali, intendiamo i grandi sistemi teorici che, in modo ampio e completo, forniscono un modello attraverso il quale interpretare il funzionamento psichico, emotivo, psicofisico dell’essere umano; sia in condizioni di rapporti interindividuali, sia inserito in reti di relazioni familiari, gruppali, sociali. Una di queste Aree è la Psicoterapia corporea, che nasce, da una parte, come modificazione del modello psicoanalitico (e in particolare delle sue scuole inglese, ungherese ed argentina) , e dall’altra, da una serie di contributi delle scienze psicofisiologiche e neurofisiologiche sul funzionamento dell’essere umano (in particolare nel primissimo periodo di vita) e da studi etologici, antropologici, di psicologia generale e sociale, relativi alle interazioni tra emozioni, percezioni, espressioni, reti gruppali, nei loro aspetti psichici e corporei. La psicoterapia corporea nasce dunque oltre 60 anni fa, e si sviluppa con continuità, sia in Europa che in America, assumendo caratteristiche non sempre omogenee, che dal 1987 però vanno ricollegandosi e integrandosi, grazie ad una serie di momenti di confronto e di incontro, quali i Congressi del Movimento Europeo, del Movimento Internazionale, della Somatothèrapie francese, del Movimento di Napoli. All’interno di questo quadro, la corrente europea facente capo alla Scuola napoletana, diretta da chi scrive, si caratterizza per la prospettiva funzionalista, che vede l’essere umano non più come dualità psiche-soma, ma come insieme complesso e complessivo di numerosi processi funzionali, a più livelli e su più piani. La psicoterapia funzionale studia le interrelazioni di questi processi, le leggi che le regolano, le trasformazioni che avvengono tra i vari piani e all’interno di ciascun piano. Essa riprende una scuola di studi e di pensieri che ha radici molto profonde (soprattutto evoluzioniste) nella storia della psicologia, e che si è sviluppata, però, più nel campo filosofico e pedagogico, mentre nel campo psicologico—clinico è rimasta piuttosto inespressa (anche per una tendenza eccessivamente pragmatista di alcune scuole di psicoterapia americane). La matrice del pensiero funzionalista, invece, possiede dei nuclei di estremo interesse e di sorprendente attualità, specie se liberata da estremismi, e calata all’interno del mondo della psicologia clinica. Lo sviluppo in questo settore del funzionalismo non ha avuto molto spazio, né è stato mai tentato in maniera convincente prima d’oggi, anche perchè la scena della psicologia clinica e della psicoterapia è stata a lungo quasi totalmente occupata dallo scontro di due grandi modelli teorici: in Europa quello derivato dal pensiero idealista che si incarnava nella psicoanalisi; in america il pragmatismo che dava vita al behaviorisrno e alla scuola sistemica di Palo Alto. Lo studio dei processi psicocorporei portato avanti attraverso una visione unitaria e complessiva, dal momento che prende in considerazione anche ciò che avviene all’interno dell’organismo, della black box (come elaborazione ed organizzazione), ed abbandonando il concetto di un pensiero che domina e controlla tutto il corporeo, ha aperto la strada ad una terza posizione. In ogni caso anche la psicoterapia corporea, come abbiamo detto, non va confusa con un settore di applicazione o con un ambito di intervento; essa, dunque, non si definisce per il fatto che nelle tecniche cliniche si agisce direttamente sul corpo dei paziente. Il corpo è comunque presente, in un modo o nell’altro, in ogni modello psicoterapeutico, e su di esso si “interviene” in ogni caso, anche se con differenti metodologie; in numerosi approcci cimici, poi, (compreso quello psichiatrico tradizionale, organicistico, attraverso le relative terapie farmacologiche) è da tempo che si intensificano l’interesse nonché le tecniche e le metodologie corporee. Sono dunque le proposizioni della teoria generale, le ipotesi di interpretazione della struttura di personalità, a caratterizzare le Aree teoriche; e in psicoterapia corporea l’ipotesi fondamentale è quella di un collegamento stretto e circolare tra le varie parti del Sé, una unità psicocorporea inscindibile e originaria.
La prospettiva funzionale, ha sistematizzato antiche e nuove conoscenze nel campo psicocorporeo, costruendo una teoria globale e complessiva del Sè, che guarda all’insieme di tutti i processi funzionali, con l’ipotesi di una loro presenza, anche se in forma più rudimentale, sin dall’inizio della vita, e di una loro profonda integrazione originaria. Ciò permette di affrontare la prospettiva il paradigma della complessità senza restare paralizzati, senza dover rinunciare all’operatività, pur in presenza di un numero così elevato di elementi e di variabili. Si tratta di avere una cornice unitaria e complessiva che guarda contemporaneamente alle quattro grandi aree in cui possono essere raggruppati tutti i processi funzionali psicocorporei, e di modificare consapevolmente ed in modo adeguato il livello su cui si opera, l’angolazione focale da cui si possono osservare, volta per volta, i singoli sottopiani delle aree del Sé, senza perdere di vista (in una concezione multidimensionale e multifocale) l’insieme globale ed unitario. E’ la relazione terapeutica stessa ad essere vista e studiata attraverso tutti i piani nei quali essa si svolge, attraverso tutte le modalità di comunicazione che possono venir messe in atto; modalità che corrispondono, in una certa misura, alla concezione funzionale del Sé, e che quindi coinvolgono sia il Sé de]. paziente che quello del terapeuta. Il corpo non è più visto come ristretta fisicità, ma come l’insieme delle leggi che regolano l’interazione tra i processi funzionali, tra i piani del Sé. Questa visione porta al superamento delle tipologie astratte, poiché permette di leggere l’individuo concreto nelle sue varie componenti. Permette, in particolare, di guardare a ciò che si è modificato nella sua storia passata, attraverso tracce che nell’attuale sono ben visibili, anche se non su tutte, sicuramente su alcune aree del sé. E così possibile accedere agli esiti delle relazioni passate, guardarle al di là dei soli ricordi o delle sole fantasie del paziente; ed intervenire quindi su queste tracce, su questi esiti, direttamente, per riuscire finalmente a modificarli. Uno dei punti di innovazione più significativi della teoria funzionale riguarda la concezione dello sviluppo evolutivo; l’ipotesi è che siano tutti i distretti corporei (e non solo quelli tradizionalmente considerati), tutte le aree del Sé del bambino, ad essere interessati in un “movimento” di relazione con l’ambiente. Ciò comporta il superamento dell’assioma di un narcisismo primario, ad esempio, e di un “isolamento” del neonato; ma comporta anche una nuova concezione che considera come gli esiti di questi “movimenti” possano rimanere incapsulati, cristallizzati all’interno di qualsivoglia piano del , dove essi contribuiscono in nodo continuo, ma a volte invisibile e sottile, ad aggravare sconnessioni, ipotrofie o ipertrofie di alcuni sottopiani, sclerotizzazioni ed irrigidimenti di altri, alterazioni dell’intero equilibrio del Sé. Le ricerche sulle leggi che regolano i processi funzionali hanno rivelato che raramente è possibile modificare tutti i piani della personalità agendo su uno solo di questi: dipende dal grado di interconnessione residua di tale piano con il nucleo profondo del Sé e dal grado di integrazione che quest’ultimo ancora conserva. Sarà necessario sviluppare ulteriormente le conoscenze, nella direzione della prospettiva funzionale, per poter comprendere sempre meglio quali strade siano da percorrere per ottenere una benefica regressione ai nuclei profondi, come riespandere questa parte ancora integrata dell’essere umano, su quali piani e processi funzionali dover agire per poterli ricollegare, riampliare, rimobilizzare, alfine di riequilibrare l’intera configurazione funzionale del Sé. L’approccio funzionale, essendo dunque una teoria complessiva dei processi funzionali e relazionali, si ricala poi in molteplici ambiti di applicazione e di intervento. Si specifica in metodologie più strettamente “terapeutiche”, a livello infantile o adulto, individuale o gruppale; ma apre anche nuove prospettive nel campo dell’intervento familiare, in quello fondamentale dell’aiuto alla gestazione e alla nascita, e soprattutto nella progettazione e nella realizzazione di una efficace attività di prevenzione: dalla comprensione e lotta allo stress, allo studio delle modificazioni dei sistemi più profondi dell’organismo e dei loro fattori di regolazione.