in “Benessere e malessere” XXII Congresso SIPs – Ed. SIPs, S. Marino 1991.
Il concetto di identità corporea viene affrontato da Luciano Rispoli nel seguente articolo, passando per la concezione funzionale del Sè corporeo fino ad arrivare alle prospettive del modello funzionale.
Identità corporea
Il concetto di identità corporea si è andato notevolmente evolvendo nelle più recenti ricerche, in particolare quelle della psicologia evolutiva e della psicologia clinica. Sono sempre più numerosi i modelli teorici che si affacciano ad una presenza del corporeo e ad una rivalutazione del suo significato al loro interno. Purtuttavia non sempre gli autori sono disposti a riformulare ipotesi e proposizioni obsolete alla luce delle più recenti scoperte che sul corporeo si sono realizzate. Molto più spesso si limitano ad esprimere l’interesse per una serie di fenomeni e di processi di estrema rilevanza, che sono stati scoperti e studiati dalla psicoterapia corporea, senza riuscire realmente ad inserirli all’interno del loro campo teorico. L’identità corporea (uno dei concetti cardine per la comprensione dell’entità psicocorporea) continua ad essere, dunque, per taluni, soltanto il serbatoio biologico di pulsioni magmatiche e incontrollabili; l’espressione di un funzionamento arcaico1 precedente all’attività mentale; o ancora una condizione regressiva “protomentale”. Per altri l’identità corporea rappresenta unicamente la base sulla quale si strutturano ruolo e identificazione sessuali; il luogo dell’immaginario erotico; oppure la struttura tramite la quale si sviluppa il sensomotorio durante lo scorrere delle fasi evolutive; o ancora il nucleo simbolico nel quale si àncora la consapevolezza e la coscienza del proprio corpo, dei suoi limiti, della sua forma ed estensione. Senza avere la pretesa di esaurire le posizioni a tal riguardo esistenti, e pur nella consapevolezza di essere stati estremamente sintetici, e perciò forzatamente imprecisi, possiamo rilevare che tutte queste concezioni sono soltanto aspetti parziali dell’identità corporea, quando non inesatte, confuse o palesemente in contrasto con i risultati delle più recenti ricerche di quelle discipline che, in un modo o nell’altro, afferiscono allo psicocorporeo.
La concezione funzionale del Sé corporeo
Lo sviluppo delle teorie e dei modelli appartenenti all’Area clinica della Psicoterapia corporea ha condotto ad una concezione complessiva e al contempo articolata del Sé corporeo, che include talune delle definizioni precedenti, ma le modifica profondamente dal momento in cui le inserisce in un quadro teoretico in parte nuovo ed originale. Il corpo non è soltanto fisicità, modificazioni biochimiche, forma, movimenti; non è un contenitore statico, ma si prolunga ben oltre lo spazio che occupa, attraverso un movimento continuo, sia interno che esterno, che lo porta a raggiungere o ad allontanarsi dagli altri, a prendere oggetti, a cambiare “posizioni”, ma anche ad acquisire nuove sensazioni ed emozioni, in un’incessante modularità di rapporto col mondo circostante e con il mondo interno. Le distanze tra sé e gli altri sono “annullate” dalle capacità sensoriali e percettive: vedere l’effetto di una propria azione nella espressione degli altri; ascoltare e riportare a sé ciò che gli altri stanno esprimendo in relazione alla nostra espressione; percepire tattilmente sentimenti ed emozioni; e così via. Le facoltà immaginative, poi, conferiscono profondità di campo al Sé corporeo e alle sue funzioni percettive e motorie, permettendo un reale processo di “decentramento”, nel senso di potersi proiettare nella posizione dell’altro, o nel futuro, in una progettazione e previsione di scambi e di azioni. Quando parliamo di corpo come sistema, dai confini pulsanti che si intersecano con altri sistemi interni ed esterni, non lo consideriamo solo come mediatore tra le complesse relazioni dei suoi sottosistemi neurologici e fisiologici; né unicamente come coordinatore di tutti i movimenti muscolari e posturali; e neppure soltanto come punto d’incontro tra input percettivi e sensoriali e output espressivi e motori. La concezione funzionale di corpo è la capacità di dar senso all’insieme di tutti i processi funzionali e relazionali, poiché esso è fondamentalmente interrelazione tra tutti i piani differenti del Sé. Identità corporea, dunque, nella prospettiva funzionale, è l’insieme di connessioni tra tutti i processi funzionali psicocorporei, tra i piani ed i sottopiani in cui questi possono considerarsi t’aggruppati. Il modello funzionale del Sé ipotizza (confortato da numerosi recenti dati scientifici, che in particolare riguardano la perinatalità) che tutti i processi funzionali psicocorporei. riassumibili nei sottopiani delle quattro grandi aree del Sé, sono originariamente integrati e strettamente interconnessi, in un superamento sia del vecchio dualismo psiche-soma, sia di una concezione piramidale, verticistica, che da un substrato primitivo di biologico e corporeo condurrebbe, a senso unico, verso il pensiero. Il mentale non è, allora, la istanza ultima e più elevata che controlla tutto il funzionamento dell’organismo umano; non sono le emozioni a produrre le modificazioni biologiche, ne sono solo le aspettative cognitive a dare una coloritura emotiva ad uno stato di indistinta “eccitazione” fisiologica; così come non è solo una modificazione dei si stoni fisiologici interni a produrre meccanicamente emozioni. Emozione è invece, per continuare l’esempio, l’insieme interconnesso, in un’indistricabile circolarità, di ricordi mnemonici, di modificazione delle condizioni degli apparati fisiologici interni (neurovegetativo, cardiocircolatorio, neuroendocrino, ecc.), di consapevolezza della relazione attuale con l’altro, di aspettative cognitive, di memoria corporea (nei movimenti, nelle posture, nelle contratture muscolari), di fantasie che irrompono, di immaginazioni e progetti che si costruiscono e si ricollegano al vissuto del momento. Dunque la concezione funzionale del Sé consiste, a differenza di gran parte di quelle precedenti, in una circolarità paritetica di tutti i processi funzionali dell’organismo {compreso il mentale), di tutte le aree del Sé, integrate, profondamente interconnesse ed esistenti sin dall’origine. Nell’evoluzione di questo nucleo originario del Sé non intervengono ne si aggiungono nuove funzioni, ma si complessificano quelle già esistenti, assumendo nuove e più diversificate sfumature. Può accadere invece che, per l’impatto con un ambiente non accogliente (in senso dinamico ed evolutivo), le aree e le funzioni subiscano delle alterazioni: nel senso di diminuire la stretta connessione originaria; di ipertrofizzarsi o tendere a restare ipotrofiche; di perdere mobilità ed elasticità divenendo stereotipate, ripetitive, limitate nella gamma della loro primaria potenzialità. L’identità corporea può dunque essere definita come il grado di integrazione tuttora esistente, e fornirci indicazioni estremamente utili sulla capacità degli individui di riconnettere insieme emozioni, movimenti, consapevolezza dello stato emotivo del momento, fantasie e desideri, attraverso condizioni fisiologiche e muscolari adeguate a ciò che si sta esprimendo. Possiamo parlare di identità corporea come costellazione delle varie funzioni del Sé, come condizione generale delle leggi che regolano le connessioni tra i vari processi funzionali, leggi che la teoria funzionale corporea sta gradatamente individuando e studiando. Identità corporea è dunque un concetto che si sta sempre più avvicinando, in questa sua recente accezione, alla identità del Sé; identità come capacità di mantenere i collegamenti con i nuclei originari del Sé; identità come capacità di conservare una fondamentale unitarietà, un contatto profondo con se stessi, con le proprie radici ed origini, e con i processi più profondi. Perdere l’identità, allora, vuoi dire perdere la capacità di mantenere un filo conduttore unitario nel proprio vivere; significa veder diminuire la sensazione profonda di continuità dell’esistenza, la quale è costituita di esperienze, modificazioni, arricchimenti che non si nullificano in una frammentazione disintegrante, ma che si conservano nel profondo, mantenendo il contatto tra di loro e con tutte le altre sfere del Sé. Se questa continuità di base si affievolisce, il contatto tra le parti del Sé subirà interruzioni, e i processi funzionali più esterni, cristallizzati, alterati, diverranno la struttura prevalente di relazione con l’ambiente circostante. Il quadro funzionale della persona presenterà, in corrispondenza, “ispessimenti” ed irrigidimenti, costituendo ciò che da molti autori vene definito il falso Se. Tutto ciò può chiarirci con che accezioni possiamo adoperare il concetto di falsa identità, dandogli una connotazione non più di tipo etico, ma concretamente connessa all’insieme della struttura dei processi psicocorporei. Allo stesso modo anche concetti quali quello di ambiguità, o di scissione, possono perdere il loro aspetto idealistico, metafisico, o medicalistico, per assumere il senso di quale sia il grado di interazione o di sconnessione tra differenti aspetti del Sé, attraverso una visione di insieme. Il modello funzionale con il suo approccio di tipo globalistico, come un guardare al funzionamento dell’organismo “dall’alto”, permette di leggere contemporaneamente l’intero campo psicofisico, nonostante l’elevato numero di variabili e di fattori in gioco.
Le prospettive del modello funzionale
La ricerca realizzata dalla prospettiva funzionale ha già portato conseguenze ed effetti concreti ed innovativi nel campo della psicologia clinica e della psicoterapia. Abbiamo qui solo il tempo di accennare ad alcuni concetti metodologici e teorici: la regressione funzionale ai nuclei originari del Sé; la possibilità di percorrere strade preferenziali, adatte a ciascun individuo, per una regressione profonda; l’individuazione di strategie terapeutiche complessive, e non di tecniche usate volta per volta come “tampone”; la scoperta di fasi ripetitive e regolari nel processo terapeutico; il concetto di modularità e di mobilità delle gamme espressive, ideative, motorie, percettive; e così via. Ma le prospettive che si dischiudono alla ricerca e alla applicazione vanno molto al di là delle sole tecniche psicoterapeutiche. Anche se molto .cammino deve essere ancora percorso, si possono già intravedere i risvolti e le implicazioni che questa visione del Sé e dell’identità corporea può produrre all’interno di numerosi campi di applicazione: dallo studio dei processi psicopedagogici, all’intervento sulla prima infanzia; dalla gestazione alla nascita; dall’apprendimento ai processi formativi. Ma lo sviluppo più interessante lo si intravede nelle potenzialità con cui possono essere affrontati fenomeni di alterazione della salute, oggi così diffusi, come l’ansia e lo stress, per la capacità del modello funzionale di ritrovare tutte le connessioni ed i piani che costituiscono le complesse catene che conducono dai livelli del macro (movimenti, respiro, atteggiamenti, ecc.) a quelli del micro (modificazioni dell’intero quadro delle sostanze biochimiche, neuromodulatrici e neurotrasmettitrici e del sistema neurovegetativo). Sarà così possibile porre basi concrete e solide ad una ricerca che diviene sempre più necessaria ed urgente: quella per una prevenzione efficace dell’alterarsi della salute, e per una realizzazione effettiva di condizioni di benessere e di un’elevata qualità della vita.