Convegno Nazionale Millenium Serra di Cassano, 1998.
Credo che il senso di un uomo che sia umano e tecnologico allo stesso tempo, non possa essere altro che questo: guardare, capire e decidere dove andare. Luciano Rispoli.
Non è facile, mettere insieme professionalità, esperienza ed idee differenti ma penso che oggi non si possa che fare così, se vogliamo una scienza che crea ponti, che unisce, che collega, che apre nuove prospettive. Ma allora se siamo in questa prospettiva, senza dubbio non possiamo più cadere in dicotomie e contrapposizioni completamente superate e dannose, quali quelle tecnologiche da una parte e umanesimo dall’altra. Non c’è dubbio che vi sia un cambiamento in atto, che cambiano i modi di pensare e di vedere, che cambia il modo di comunicare, che cambia la visione del mondo, ma non è detto che si debba rinunciare ad essere protagonisti di questo cambiamento, a comprendere in quale direzione stiamo andando, a governare il processo in atto. Credo che il senso di un uomo che sia umano e tecnologico allo stesso tempo, non possa essere altro che questo: guardare, capire e decidere dove andare. Forse non possiamo sapere tutto, ma sicuramente possiamo “mettere le mani”, per decidere verso quale obiettivo verso quale direzione vogliamo che il mondo proceda. Cerchiamo dunque di comprendere i processi in atto. Provate a pensare al numero di informazioni che riceveva uno spadaccino, nel momento in cui combatteva, nel 500, nel 600, nel 700, un gladiatore che doveva lottare contro un leone: Era un numero elevatissimo di informazioni, così come sono elevate per i nostri cervelli di oggi. Non possiamo dire che oggi ci sono più informazioni che in passato, è il tipo di informazione che è differente. E il tipo di informazione nasce dall’esperienza che questo ambiente (che indubbiamente si modifica) ci propone, propone ai nostri bambini e ai nostri ragazzi. Nelle ricerche da noi condotte ci dicono che qualcosa sta cambiando nelle nuove generazioni; che sta cambiando perché non ci accorgiamo che i nuovi tipi di informazione che stiamo ricevendo lasciano da parte, alcune modalità del vivere che sono fondamentali per il benessere delle persone stesse.
L’aumento eccezionale di sindromi, come quella dell’attacco di panico, non è casuale, ma nasce da qualcosa di molto preciso. Nasce fondamentalmente da un distacco crescente delle sensazioni interne del corpo. Lo sviluppo dei mass media, dei videogiochi, di una civiltà basata sulle immagini fasiche i bambini sviluppano capacità incredibili: l’attenzione, la velocità, la puntualizzazione, la creatività, la fantasia. Ma al contempo si vedono atrofizzarsi a poco a poco altre capacità che non è il caso di perdere nella vita: la capacità di stare, di fermarsi, di rallentare, di lasciare. Questo non ha niente a che vedere con l’evoluzione dell’essere umano con l’evoluzione dell’ambiente e della nostra società. Questo scotto non è assolutamente inevitabile. Un’altra delle capacità che si stanno rarefacendo è quella del contatto con se stessi e con gli altri. Ma mi può bastare che l’altro sia vicino a me nell’esperienza che ci sia un contatto corporeo a fianco del virtuale? Non importa la qualità della presenza per capire come stiamo. Il corpo non è di per sé una soluzione per tutto. Anche il corpo può essere alterato, è modificato, portatore di limitazioni; così come lo possono essere le fantasie o un simbolico distorto. Non è detto che stare vicini tra persone significhi riuscire a essere veramente nell’altro, a sentirlo, a capirlo. Non è detto che stando vicini si riescano a coglierne le vibrazioni. Se un certo esoterismo oggi si sta mescolando alla ricerca del benessere è perché vi è una certa consapevolezza che stiamo perdendo una capacità fondamentale: quella di ricevere le vibrazioni che ci vengono dall’altro. Le vibrazioni sono i messaggi, messaggi multidimensionali, a vari livelli sul bambino, quando nasce, ha la capacità di percepire tutto questo, di andare al di sotto delle apparenze, delle parole. Al di là di qualunque parola, per avere relazioni soddisfacenti, io devo sapere dove sta veramente l’altro, se sta dalla mia parte se è una persona per me positiva, devo sentire tutte queste cose perché altrimenti io sono, come, un cane che ha perso l’olfatto. Non possiamo dire che l’evoluzione del cane è perdere l’olfatto. Un cane che perde l’olfatto è esattamente come una serie di persone che oggi sono bloccate, angosciate dal non capire dove stanno e dove sta l’altro. Un cane che ha perso l’olfatto avrà mille dubbi sul dove andare, su quale direzione prendere per tornare a casa, per ritrovare il padrone. Senza olfatto potrà pensare di perdersi e di incontrare, dietro ogni angolo, un accalappiacani. L’olfatto non lo si deve necessariamente perdere solo perché sono stati inventati il semaforo, le automobili, i computers; il cane può mantenere l’olfatto con i semafori, le macchine, gli scarichi; forse sentirà una serie di cattivi odori tremendi, ma non perderà la capacità di capire dove è importante che vada.
In una ricerca che stiamo conducendo attraverso gli interventi che attuiamo con i bambini, con gli insegnanti e con i genitori, sta emergendo un quadro abbastanza inquietante: ci sono dei cambiamenti di fondo nelle nuove generazioni. Qualcosa si sta perdendo delle capacità vitali di base, come la capacità do allentare le percezioni, di rallentare, di fermarsi di tanto in tanto, a scapito della velocità, dell’agitazione, della vigilanza continua, dell’ansia. Sembrano aumentare anche i movimenti piccoli e veloci e l’attenzione a scapito dei movimenti ampi compiuti fino in fondo e soddisfacenti, e di una visione più globale e generale, per l’uso sempre più intensivo di computers e videogiochi. Un altro elemento da capire è che qualcosa si sta rarefacendo e che forse è il caso di utilizzare dei mezzi per recuperare, sviluppare cose che già ci stanno nell’essere umano e che sono fondamentali per il benessere e non è solo la spiritualità nel senso ampio, ma fondamentalmente la vibrazione, , la capacità di sentire e di fare un altro esempio: voi veramente pensate che una persona che è in contatto con le sensazioni profonde non sappia se sta bene o sta male, se è malato gravemente o no? Perché molti oggi devono ricorrere a 10.000 valutazioni e visite specialistiche e mezzi se non quanto veramente sentono di non stare bene? Perché questa gente entra in circuiti viziosi per cui, io avevo un amico in età neanche tanto avanzata che ad un certo punto è entrato in uno di questi circuiti perché non sapeva se stava bene o no, è entrato in circuiti di ospedali, di analisi e man mano che si trovava qualcosina viveva nel terrore, questo per un anno. E’ uscito distrutto. Allora la capacità di percepirsi, di percepire gli altri, le vibrazioni, la capacità di contatto tenero? Un’altra cosa che bisogna cercare di capire è come è possibile salvaguardare, ampliare, sviluppare una capacità di questo genere e vi dico un’altra piccola ricerca che abbiamo fatto, riguardante l’uso differente di modalità di raccontare ai bambini, il racconto a voce diretta, la parola raccontata; un’altra cosa era il racconto che veniva dal libro letto dal bambino, un altro era il racconto che veniva dalla televisione, un’altra il racconto del gioco di movimento, anche quello è un racconto.
Abbiamo scoperto, usando una griglia di lettura multimediale che non va a guardare solo il mondo simbolico o il comportamento, ma tutti i livelli del se, come funzionano in un modo o nell’altro e abbiamo scoperto che ognuno di questi mezzi sviluppava, intensificava, supportava, alcune modalità di funzionamento e la cosa che emergeva da tutto questo è che non era pensabile che si perdesse neanche uno di questi modi di raccontare, perché ognuno era fondamentale per la salute della persona. Tutti indispensabili, quindi e allora io sono d’accordo sul fatto di cominciare dei progetti; non credo sia importante disquisire a lungo per demonizzare o meno certi cambiamenti sociali, tecnologici, artistici e scientifici, non credo proprio. Credo che dobbiamo sicuramente metterci ad operare, però ritorno al discorso di base, credo che oggi forse è importante che facciamo tutti la nostra parte per non operare nel senso solo di ‘operare’. Non mi importa che ci siano 200 o 2000 centri della elaborazione della cultura tecnologica, informatica, virtuale, a meno che questi centri non sappiano i che direzione andare, questo mi interessa molto, moltissimo. Mi interessa molto il discorso del progetto, mi interessa molto che la progettazione della pubblicità abbia uno scopo molto preciso, che non può essere però confuso con lo scopo che vogliamo ottenere, mi interessa che la legislazione non vada nel senso di dire aumentiamo il numero, la possibilità o proteggiamo alcuni dalla distorsione del virtuale, no, non mi interessa solo questo, non mi interessa che ci siano dei centri di sperimentazione su questi problemi, a meno che questi centri non guardino a cosa fare, in che direzione andare e credo che questo sia molto importante, è un segnale, il progetto che vogliamo lanciare, da che parte andare, in quale direzione. Allora io penso, per esempio, che voglio portarvi un nostro concetto, una nostra modalità di vivere e di pensare che è la ‘modulazione polare’. Possiamo fare riferimento a questo concetto per dire: “ sappiamo in che direzione andare, non è molto complicato saperlo.”
‘Modulazione polare’ significa che è vero che il multimediale ci fa stare in molti posti differenti, è vero che ci moltiplica, è verissimo, ma modulazione polare significa che vicino a questo non è pensabile minimamente perdere il momento in cui siamo riunificati dentro una situazione. ‘Polare’ significa che la salute sta nella polarità ampia nel senso che non si perde nessuno dei due poli, anzi devo dire che forse la capacità di potere stare da più parti può aumentare la nostra capacità di stare in un posto. Stare in un posto significa riconoscerlo, sentire l’odore, la familiarità, le piccole sensazioni. Un libro che oggi ha molto successo in America è ‘I piccoli piaceri della vita’, perché si riscopre questo, perché effettivamente la piccola sensazione non può essere persa, non può andar via per la velocità, per la frammentazione, per la corsa. Grande velocità, grande accelerazione, ma chi può dire che è negativa la grande velocità, la grande accelerazione, se noi possiamo accelerare i progetti, è molto importante. Siamo indietro rispetto ad altri progetti, certo, ma la polarità significa che dobbiamo fare in modo che questo possa sviluppare momenti di grande rallentamento. Dobbiamo fare in modo di progettare momenti in cui ci fermiamo realmente, come se fosse un pendolarismo tra una situazione e l’altra. Ma per fare tutto questo, del contatto abbiamo già parlato e tanto, del sesso in Internet non dobbiamo parlare? Si, parliamone pure, non c’è alcun pericolo a parlarne. Sicuramente la capacità di trasgredire e mascherarsi, aldilà delle vecchie parole che pare stiano crescendo nella rete, è una capacità che è di una vitalità incredibile, mi spiace che non c’è Maria Bettetini, ma forse ci vorrebbe un latinista che studia anche le feste triviali, cosa erano i carnascialeschi, ma ci sono una serie di esperienze che ci fanno capire che c’era una trasgressione, c’era il travestimento, il gusto di non essere più se stessi, questo è molto, molto importante. Ma questo portava sicuramente, può portare e deve poter portare, e qui la solitudine di Internet non mi preoccupa più se con l’età evolutiva noi siamo molto attenti a questo ,che invece l’incontro con l’altro è un incontro ancora più pieno, ancora più reale, più comprendente tutti i livelli su cui possiamo viverci, per esempio se c’è la sensazione pelle-pelle, la sensazione di odore, di contatto, di carezza, di avvolgimento; queste cose non sono affatto contrapposte a Internet, assolutamente io credo che una cosa può sviluppare l’altra se stiamo molto attenti in che direzione stiamo andando. Allora, e termino qui facendo un esempio molto significativo di questa ‘modulazione polare’ che i nostri bambini ci insegnano, cioè questa modulazione, per esempio, tra vecchio e nuovo, tra il conosciuto e il non conosciuto. Voi sapete che i bambini amano in maniera viscerale rivedere e risentire le cose conosciute e guai se uno non gli racconta la storia con le stesse parole. Questo bisogna chiarirlo una volta per tutte, questo non fa cadere nella stereotipia del conosciuto, anzi un bambini che si bea di queste cose si proietta sul conosciuto in una maniera tranquilla, serena, piena, con una voglia enorme di andare a guardare lo sconosciuto, ma deve potere sempre ritornare al conosciuto, proprio a questa configurazione nel quale si possa ritrovare e sentire che li ci sono proprio risonanze. Per chi c’era ieri nel momento della musicalità di Enzo Gragnianiello, musicalità che diceva questo l’ho sempre sentito, questo è conosciuto, sono nenie, sono forse melodie mediterranee, io penso di essere di sangue arabo e credo che questo tipo di modulazione sta nel mio sangue, non lo so, forse l’ho studiato da piccolo, non so. Certamente il conosciuto è estremamente gratificante, ma allora lì mi posso proiettare sul nuovo, sulle nuove frontiere e allora penso che a questo punto l’utopia significa sicuramente non scindere questi livelli, basta con le scissioni; facciamo una fatica terribile a reintegrarci, credo che scommetterci oggi sarebbe veramente assurdo. Allora io dico stiamo tutti a pensare, a portare contributi che siano progetti concreti in questa direzione, per esempio il progetto che Mario Canali ci ha presentato ieri, sentire l’interno, ma certo questo non si sostituisce alle percezioni come qualcuno paventava ieri, non si può sostituire all’autopercezione, se io continuo a valorizzarla e in qualche modo faccio si che la modulazione polare mi porti dalla percezione che io guardo in uno schermo con dei colori che io stesso ho prodotto, all’autopercezione che io posso sentire in un momento in cui invece non c’è nessun bombardamento, allora facciamo momenti di questo genere in cui io mi sento.
Mi vengono in mente questi gruppi di terapia funzionale che facciamo e che a volte vorrei filmare, mi sembra un teatro, dei fatti estetici, dei fatti incontrati e magici, ma non perché sono le cose che facciamo noi, ma perché ci sono momenti che oltre al movimento hanno spazi estremamente organizzati in cui la persona si ferma per sentirsi e a questo punto si sente meglio, si percepisce veramente e allora posso semplicemente, visto che io non sono un creativo, ma penso che possiamo esserlo tutti, immaginare momenti, progetti, utilizzazioni e centri di sperimentazione sulla cultura del virtuale, che aiutino, i C.D. ROME pensavo possono aiutare, no authority nel senso negativo del termine, ma una comprensione dei processi, che aiutino i nostri bambini ad ammorbidire i movimenti, non ad andare con movimenti veloci e a scatti, a riscoprire la lentezza e la calma e il lasciare, strumenti che ci possono aiutare a respirare, ma anche respirare non mi basta; io conosco gente che respira e ha l’asma, respira affannosamente e si sente male. Importa come recuperare il modo di respirare che ci fa stare in contatto con altre sensazioni, non c’è bisogno di prendere sostanze che ci fanno andare in altre dimensioni, respirando in un certo modo ci sono sensazioni inimmaginabili, però possiamo aiutare questo processo se utilizziamo delle grandi potenzialità della rete o del virtuale. Possiamo pensare a progetti che ci fanno capire le piccole sensazioni corporee o valorizzare dei canali che prima erano chiusi. Non dico che dobbiamo essere terapeutici, ma sicuramente proponenti una visione dell’uomo, quella visione integrata, quella visione che non perde parte di se, fondamentale per il benessere. Possiamo pensare a dei mezzi virtuali che ci aiutino a capire l’altro, le sue vibrazioni; qualcuno ieri ha avuto queste intuizioni dicendo che forse questo ci aiuta a capire cosa significa l’altra dimensione, questa frontiera mente corpo, ma questa non è più una frontiera, ma è un qualcosa che conosciamo molto e che va finalmente sviluppato per dire che io ho la capacità, la sensibilità di percepire l’altro e forse di pensare il futuro dove andrà; non è solo una dimensione magica, ma una dimensione connaturata all’essere umano e che va sicuramente sviluppata. Non è solo l’altro cervello che deve funzionare perché non esiste solo una memoria centrale, attenzione, dopo anni di lavoro e di esperienza, sappiamo che esiste realmente una memoria periferica che ha tracce molte precise e che in qualche modo ci rimanda le nostre sensazioni vissute ed emozioni che abbiamo vissuto da piccoli. Questa memoria periferica non può essere ignorata e va considerata accanto a quella centrale, quindi leggere le dimensioni in cui l’essere umano si muove non è sviluppare un emisfero poco usato, ma è sicuramente sviluppare e ripotenziare capacità, tracce e memoria periferica che abbiamo vissuto nella nostra vita. Alla fine, mezzi e strumenti usati per sondare, ne parlava ieri Ricci Bitti, le varie emozioni e per non dimenticare che le emozioni non è importante solo viverle, ma anche regolarle, modularle e ancora una volta questi termini non mi bastano. Mi importa sapere che, per esempio, all’emozione di paura , solitudine , di tristezza di un essere umano, accanto a queste si sia spazio, ma veramente spazio e vengono fatte crescere le emozioni di gioia, di serenità, allegria, tenerezza. Quando diciamo andare in una direzione vogliamo forse capire che tutto questo è un qualcosa che possiamo guardare, possiamo tendere, qualcosa a cui tutti noi, in qualche modo dai loro campi, possiamo confluire per cercare di realizzarle.
Ricominciamo da capo. Io riprenderei non proprio daccapo, perché in questi giorni mi sembra, forse mai come in altri convegni da noi proposti, progettati e realizzati, io ho ascoltato con molto interesse e molto piacere gli altri nell’avventura che stiamo un po’ vivendo insieme, che è una avventura non facile, un viaggio difficile, non quello di Internet, per carità, ma quello di mettere insieme professionalità, esperienza ed idee differenti. Non è facile, ma penso che oggi non si possa che fare così, non parliamo più di multimedialità, ma di una scienza che crea ponti, che unisce, che collega, che apre nuove prospettive. Penso che tutti siamo dentro questo processo di creare ponti e prospettive, ma allora se siamo in questo, e questo può rispondere alla domanda di Mario, se siamo in questa prospettiva, senza dubbio non possiamo più cadere in dicotomie superate e completamente dannose quali scienze tecnologiche e umanesimo, da una parte e dall’altra. Dobbiamo stare molto attenti a questo tipo di contrapposizioni e dicotomie. Ma questo significa che non c’è dubbio che c’è un cambiamento in atto, che cambiano anche i modi di pensare e di vedere, che cambia anche il modo di comunicare, che cambia anche una visione del mondo, ma questo non significa rinunciare ad essere protagonisti di questo cambiamento e in qualche modo a capire in quale direzione stiamo andando, anche addirittura senza paventare centri di potere immaginari e non visibili, dove tutti i giochi sono fatti, non possiamo rinunciare a governare questo processo di cambiamento. Credo che il senso dell’uomo umano e tecnologico, allo stesso tempo, non può essere altro che questo, guardare, capire e decidere in qualche modo dove stiamo andando. Forse non possiamo né vogliamo sapere tutto, ma sicuramente possiamo sporcarci le mani, ma sapendo pure verso quale obiettivo e in quale direzione e giustamente: “perché siamo qua?”. Penso che possiamo lavorare insieme per questo, per non rinunciare a dire in quale direzione e verso quali obiettivi e penso che per questo dobbiamo assolutamente chiedere il contributo e la presenza di tutte le personalità e, alla fine, degli amministratori e dei politici che ci aiutino in questo processo, che si vada in una direzione perché dal primo convegno che noi facemmo, chissà se qualcuno lo ricorda, forse qualcuno di Napoli, ‘Il bambino, il corpo e il computer’, di oltre 10 anni fa, noi già dicemmo che non aveva senso il computer per il computer, operare per operare, aprire 500 centri per i bambini tanto per aprire dei centri, creare giochi tanto per creare giochi. Io credo che il compito di tutti noi sia quello di capire cosa facciamo con queste prospettive che si aprono, ma per dire cosa facciamo dobbiamo fare un piccolo passo indietro.
Forse in questi giorni abbiamo potuto apprezzare con tutte le contraddizioni, momenti di attenzione e capire cosa succede, lo dicevano prima i nostri relatori, cerchiamo di capire cosa succede, lo diceva Paolo Rosa, Canali, Roncigli, dove stiamo andando e cosa succede, i progetti delle amministrazioni. Allora per dire questo, proprio due parole, perché in fondo è la nostra competenza quella che vorremmo fosse utilizzata in maniera sinergica, di rete, non solo quella dei filosofi, non ci sono solo i filosofi, grazie a Dio, che comprendono e cercano di capire i processi in atto. Grazie a Dio, perché oggi abbiamo più professionalità, più competenza e più punti di vista. Non meravigliamoci, scusate un giorno e mezzo di sofferenze. Sgombriamo comunque il campo da questa cosa, pensate al numero di informazioni che riceve uno spadaccino nel momento in cui combatteva, nel 500, nel 600, nel 700, un gladiatore che stava combattendo contro un leone, un numero elevatissimo, così come i nostri cervelli di oggi. Non possiamo dire che ci sono più informazioni, è il tipo di informazione che è differente, questo dobbiamo capire, non maggiori informazioni. E il tipo di informazione nasce dall’esperienza che questo ambiente che si modifica ci propone e propone soprattutto ai nostri bambini, ragazzi. Dobbiamo guardare questa cosa, non possiamo non guardarla da qualunque punto di vista consideriamo la società. Allora può darsi che il tipo di informazione che ricevono i nostri ragazzi, e qui le ricerche sinergiche devono esserci, noi abbiamo cercato di fare delle ricerche che ci dicono che qualcosa sta cambiando, ma non è detto che cambi perché deve cambiare inevitabilmente con l’avvento di un ambiente virtuale, tecnologico, di rete, ma sta cambiando perché non ci accorgiamo forse che il tipo di informazione che stiamo ricevendo lascia da parte, può fare atrofizzare alcune modalità di vivere nelle persone che , guarda caso, sono poi fondamentali al benessere della persona stessa. Non si tratta di apparire apocalittici, ma si tratta di capire che un aumento spaventoso di una sindrome, come quella di un attacco di panico, non è casuale, ma nasce, dal nostro punto di vista e per le ricerche che abbiamo fatto, da qualcosa di molto preciso, tanto è vero che si rivela poi curabilissima in tempi brevi e aldilà dei discorsi farmacologici, perché nasce fondamentalmente da un distacco che non può essere considerato positivo. Io voglio decidere ancora cosa è positivo e cosa è negativo per l’essere umano, o dobbiamo rinunciarci?
Un distacco della persona dalle proprie sensazioni profonde, questo è tutto, una cosa che sembra banalissima, ma che comporta poi, nel mondo della società produttiva, creativa ed educativa, la paralisi di una serie di condizioni, produzioni, vissuti, per non parlare delle sofferenza umane che questo genera. il distacco dalle sensazioni profonde, allora questo è il primo tipo di osservazioni che si può fare, un altro tipo delle ricerche che abbiamo fatto, e si comincia a profilare anche qualche cosa, abbiamo delle conoscenze, non lavoriamo dall’inizio sullo zero, abbiamo delle conoscenze, per esempio per questo ambiente non tanto virtuale, ma per la presenza di apparecchiature tecnologiche di questo genere, il bambino che sviluppa queste capacità incredibili che fondamentalmente prima aveva meno sviluppate, quella dell’attenzione, della velocità, della puntualizzazione, della creatività, della fantasia, vede però piano piano atrofizzarsi delle altre capacità che forse non è poi tanto il caso di perdere nella vita, nella società, cioè la capacità di stare, fermarsi, rallentarsi,, mollare. ‘Mollare’, penso sia un termine universale, ma penso non si possa dire che ‘mollare’. Questo non ha niente a che vedere con il grosso impulso di evoluzione dell’essere umano che l’ambiente rinnovatosi della nostra società deve per forza….., cioè questo scotto non è assolutamente obbligatorio. E così un’altra delle capacità che si stanno rarefacendo è quello del contatto con gli altri, ma mi basta che l’altro sia vicino a me nell’esperienza a fianco del virtuale o dell’arte o del tecnologico, scusate la grande ignoranza in materia, non mi basta che ci sia un discorso di presenza, non mi importa la qualità della presenza per capire come stiamo, non mi importa il corporeo, ma io il corporeo certe volte non lo vorrei neanche più sentire, cosa è il corpo, soluzione di tutto? Assolutamente no, il corpo è alterato, è schiacciato, è modificato, è malato, portatore di limitazioni così come le fantasie esagerate in un senso e nell’altro, come simbolo distorto. Questo è il punto fondamentale che dobbiamo capire, non ci basta dire facciamo un po’ questo un po’ quello, forse sto banalizzando, ma cerco di fare capire bene. Non è detto che stare vicini significa riuscire a penetrare nell’altro, sentirlo, vederlo, capirlo, non è detto che si riescano a cogliere le vibrazioni. Oggi una società si sta sviluppando, ma non mi sembra che sia solo per la voglia di recuperare il corpo, il benessere. No, io credo che fondamentalmente questo esoterismo si mescola al benessere è perché c’è la consapevolezza non proprio esplicita che stiamo perdendo una capacità fondamentale, quella di capire le vibrazioni che ci vengono dall’altro. Le vibrazioni sono i messaggi, i multimediali, i multidimensionali a vari livelli che ci arrivano, che noi bambini quando nasce ha, la capacità di leggere, vedere, capire e andare al di sotto e qui mi ricollego a Internet perlomeno per quello che riguarda la comunicazione con la parola scritta, di qualunque parola posso dire, io devo sapere dove sta l’altro, chi è, cosa è, se sta dalla mia parte, devo sentire tutte queste cose perché se no io sono, come spesso dico, un cane che ha perso l’olfatto. Non possiamo dire che l’evoluzione tecnologica del cane è perdere l’olfatto, un cane che perde l’olfatto fa come tutta una serie di persone che oggi sono estremamente fermate, bloccate, limitate, angosciate dal fatto di capire dove stanno, dove sta’ l’altro, perché un cane che ha perso l’olfatto avrà mille dubbi sul dove andare, dove cercare il padrone, dove cercare la sua cuccia o la sua ciotola, cosa fare di fronte a un accalappiacani. Alla fine non sa proprio cosa fare, ma l’olfatto no va necessariamente perso solo perché ha come cane il semaforo, le automobili, io posso mantenere l’olfatto con i semafori, le macchine, gli scarichi, forse sentirò tutta una serie di puzze tremende, ma non perderò la capacità di capire dove è importante che io vada. Un altro elemento da capire è che qualcosa si sta rarefacendo e che forse è il caso di utilizzare dei mezzi per recuperare, sviluppare cose che già ci stanno nell’essere umano e che sono fondamentali per il benessere e non è solo la spiritualità nel senso ampio, ma fondamentalmente la vibrazione, , la capacità di sentire e di fare un altro esempio: voi veramente pensate che una persona che è in contatto con le sensazioni profonde non sappia se sta bene o sta male, se è malato gravemente o no?
Perché molti oggi devono ricorrere a 10.000 valutazioni e visite specialistiche e mezzi se non quanto veramente sentono di non stare bene? Perché questa gente entra in circuiti viziosi per cui, io avevo un amico in età neanche tanto avanzata che ad un certo punto è entrato in uno di questi circuiti perché non sapeva se stava bene o no, è entrato in circuiti di ospedali, di analisi e man mano che si trovava qualcosina viveva nel terrore, questo per un anno. E’ uscito distrutto. Allora la capacità di percepirsi, di percepire gli altri, le vibrazioni, la capacità di contatto tenero?
Un’altra cosa che bisogna cercare di capire è come è possibile salvaguardare, ampliare, sviluppare una capacità di questo genere e vi dico un’altra piccola ricerca che abbiamo fatto, riguardante l’uso differente di modalità di raccontare ai bambini, il racconto a voce diretta, la parola raccontata; un’altra cosa era il racconto che veniva dal libro letto dal bambino, un altro era il racconto che veniva dalla televisione, un’altra il racconto del gioco di movimento, anche quello è un racconto. Abbiamo scoperto, usando una griglia di lettura multimediale che non va a guardare solo il mondo simbolico o il comportamento, ma tutti i livelli del se, come funzionano in un modo o nell’altro e abbiamo scoperto che ognuno di questi mezzi sviluppava, intensificava, supportava, alcune modalità di funzionamento e la cosa che emergeva da tutto questo è che non era pensabile che si perdesse neanche uno di questi modi di raccontare, perché ognuno era fondamentale per la salute della persona. Tutti indispensabili, quindi e allora io sono d’accordo sul fatto di cominciare dei progetti; non credo sia importante disquisire a lungo per demonizzare o meno certi cambiamenti sociali, tecnologici, artistici e scientifici, non credo proprio. Credo che dobbiamo sicuramente metterci ad operare, però ritorno al discorso di base, credo che oggi forse è importante che facciamo tutti la nostra parte per non operare nel senso solo di ‘operare’. Non mi importa che ci siano 200 o 2000 centri della elaborazione della cultura tecnologica, informatica, virtuale, a meno che questi centri non sappiano i che direzione andare, questo mi interessa molto, moltissimo. Mi interessa molto il discorso del progetto, mi interessa molto che la progettazione della pubblicità abbia uno scopo molto preciso, che non può essere però confuso con lo scopo che vogliamo ottenere, mi interessa che la legislazione non vada nel senso di dire aumentiamo il numero, la possibilità o proteggiamo alcuni dalla distorsione del virtuale, no, non mi interessa solo questo, non mi interessa che ci siano dei centri di sperimentazione su questi problemi, a meno che questi centri non guardino a cosa fare, in che direzione andare e credo che questo sia molto importante, è un segnale, il progetto che vogliamo lanciare, da che parte andare, in quale direzione. Allora io penso, per esempio, che voglio portarvi un nostro concetto, una nostra modalità di vivere e di pensare che è la ‘modulazione polare’. Possiamo fare riferimento a questo concetto per dire: “ sappiamo in che direzione andare, non è molto complicato saperlo.” ‘Modulazione polare’ significa che è vero che il multimediale ci fa stare in molti posti differenti, è vero che ci moltiplica, è verissimo, ma modulazione polare significa che vicino a questo non è pensabile minimamente perdere il momento in cui siamo riunificati dentro una situazione. ‘Polare’ significa che la salute sta nella polarità ampia nel senso che non si perde nessuno dei due poli, anzi devo dire che forse la capacità di potere stare da più parti può aumentare la nostra capacità di stare in un posto.
Stare in un posto significa riconoscerlo, sentire l’odore, la familiarità, le piccole sensazioni. Un libro che oggi ha molto successo in America è ‘I piccoli piaceri della vita’, perché si riscopre questo, perché effettivamente la piccola sensazione non può essere persa, non può andar via per la velocità, per la frammentazione, per la corsa. Grande velocità, grande accelerazione, ma chi può dire che è negativa la grande velocità, la grande accelerazione, se noi possiamo accelerare i progetti, è molto importante. Siamo indietro rispetto ad altri progetti, certo, ma la polarità significa che dobbiamo fare in modo che questo possa sviluppare momenti di grande rallentamento. Dobbiamo fare in modo di progettare momenti in cui ci fermiamo realmente, come se fosse un pendolarismo tra una situazione e l’altra. Ma per fare tutto questo, del contatto abbiamo già parlato e tanto, del sesso in Internet non dobbiamo parlare? Si, parliamone pure, non c’è alcun pericolo a parlarne. Sicuramente la capacità di trasgredire e mascherarsi, aldilà delle vecchie parole che pare stiano crescendo nella rete, è una capacità che è di una vitalità incredibile, mi spiace che non c’è Maria Bettetini, ma forse ci vorrebbe un latinista che studia anche le feste triviali, cosa erano i carnascialeschi, ma ci sono una serie di esperienze che ci fanno capire che c’era una trasgressione, c’era il travestimento, il gusto di non essere più se stessi, questo è molto, molto importante. Ma questo portava sicuramente, può portare e deve poter portare, e qui la solitudine di Internet non mi preoccupa più se con l’età evolutiva noi siamo molto attenti a questo ,che invece l’incontro con l’altro è un incontro ancora più pieno, ancora più reale, più comprendente tutti i livelli su cui possiamo viverci, per esempio se c’è la sensazione pelle-pelle, la sensazione di odore, di contatto, di carezza, di avvolgimento; queste cose non sono affatto contrapposte a Internet, assolutamente io credo che una cosa può sviluppare l’altra se stiamo molto attenti in che direzione stiamo andando. Allora, e termino qui facendo un esempio molto significativo di questa ‘modulazione polare’ che i nostri bambini ci insegnano, cioè questa modulazione, per esempio, tra vecchio e nuovo, tra il conosciuto e il non conosciuto. Voi sapete che i bambini amano in maniera viscerale rivedere e risentire le cose conosciute e guai se uno non gli racconta la storia con le stesse parole. Questo bisogna chiarirlo una volta per tutte, questo non fa cadere nella stereotipia del conosciuto, anzi un bambini che si bea di queste cose si proietta sul conosciuto in una maniera tranquilla, serena, piena, con una voglia enorme di andare a guardare lo sconosciuto, ma deve potere sempre ritornare al conosciuto, proprio a questa configurazione nel quale si possa ritrovare e sentire che li ci sono proprio risonanze. Per chi c’era ieri nel momento della musicalità di Enzo Gragnianiello, musicalità che diceva questo l’ho sempre sentito, questo è conosciuto, sono nenie, sono forse melodie mediterranee, io penso di essere di sangue arabo e credo che questo tipo di modulazione sta nel mio sangue, non lo so, forse l’ho studiato da piccolo, non so. Certamente il conosciuto è estremamente gratificante, ma allora lì mi posso proiettare sul nuovo, sulle nuove frontiere e allora penso che a questo punto l’utopia significa sicuramente non scindere questi livelli, basta con le scissioni; facciamo una fatica terribile a reintegrarci, credo che scommetterci oggi sarebbe veramente assurdo. Allora io dico stiamo tutti a pensare, a portare contributi che siano progetti concreti in questa direzione, per esempio il progetto che Mario Canali ci ha presentato ieri, sentire l’interno, ma certo questo non si sostituisce alle percezioni come qualcuno paventava ieri, non si può sostituire all’autopercezione, se io continuo a valorizzarla e in qualche modo faccio si che la modulazione polare mi porti dalla percezione che io guardo in uno schermo con dei colori che io stesso ho prodotto, all’autopercezione che io posso sentire in un momento in cui invece non c’è nessun bombardamento, allora facciamo momenti di questo genere in cui io mi sento.
Mi vengono in mente questi gruppi di terapia funzionale che facciamo e che a volte vorrei filmare, mi sembra un teatro, dei fatti estetici, dei fatti incontrati e magici, ma non perché sono le cose che facciamo noi, ma perché ci sono momenti che oltre al movimento hanno spazi estremamente organizzati in cui la persona si ferma per sentirsi e a questo punto si sente meglio, si percepisce veramente e allora posso semplicemente, visto che io non sono un creativo, ma penso che possiamo esserlo tutti, immaginare momenti, progetti, utilizzazioni e centri di sperimentazione sulla cultura del virtuale, che aiutino, i C.D. ROME pensavo possono aiutare, no authority nel senso negativo del termine, ma una comprensione dei processi, che aiutino i nostri bambini ad ammorbidire i movimenti, non ad andare con movimenti veloci e a scatti, a riscoprire la lentezza e la calma e il lasciare, strumenti che ci possono aiutare a respirare, ma anche respirare non mi basta; io conosco gente che respira e ha l’asma, respira affannosamente e si sente male. Importa come recuperare il modo di respirare che ci fa stare in contatto con altre sensazioni, non c’è bisogno di prendere sostanze che ci fanno andare in altre dimensioni, respirando in un certo modo ci sono sensazioni inimmaginabili, però possiamo aiutare questo processo se utilizziamo delle grandi potenzialità della rete o del virtuale. Possiamo pensare a progetti che ci fanno capire le piccole sensazioni corporee o valorizzare dei canali che prima erano chiusi. Non dico che dobbiamo essere terapeutici, ma sicuramente proponenti una visione dell’uomo, quella visione integrata, quella visione che non perde parte di se, fondamentale per il benessere. Possiamo pensare a dei mezzi virtuali che ci aiutino a capire l’altro, le sue vibrazioni; qualcuno ieri ha avuto queste intuizioni dicendo che forse questo ci aiuta a capire cosa significa l’altra dimensione, questa frontiera mente corpo, ma questa non è più una frontiera, ma è un qualcosa che conosciamo molto e che va finalmente sviluppato per dire che io ho la capacità, la sensibilità di percepire l’altro e forse di pensare il futuro dove andrà; non è solo una dimensione magica, ma una dimensione connaturata all’essere umano e che va sicuramente sviluppata. Non è solo l’altro cervello che deve funzionare perché non esiste solo una memoria centrale, attenzione, dopo anni di lavoro e di esperienza, sappiamo che esiste realmente una memoria periferica che ha tracce molte precise e che in qualche modo ci rimanda le nostre sensazioni vissute ed emozioni che abbiamo vissuto da piccoli. Questa memoria periferica non può essere ignorata e va considerata accanto a quella centrale, quindi leggere le dimensioni in cui l’essere umano si muove non è sviluppare un emisfero poco usato, ma è sicuramente sviluppare e ripotenziare capacità, tracce e memoria periferica che abbiamo vissuto nella nostra vita. Alla fine, mezzi e strumenti usati per sondare, ne parlava ieri Ricci Bitti, le varie emozioni e per non dimenticare che le emozioni non è importante solo viverle, ma anche regolarle, modularle e ancora una volta questi termini non mi bastano. Mi importa sapere che, per esempio, all’emozione di paura , solitudine , di tristezza di un essere umano, accanto a queste si sia spazio, ma veramente spazio e vengono fatte crescere le emozioni di gioia, di serenità, allegria, tenerezza. Quando diciamo andare in una direzione vogliamo forse capire che tutto questo è un qualcosa che possiamo guardare, possiamo tendere, qualcosa a cui tutti noi, in qualche modo dai loro campi, possiamo confluire per cercare di realizzarle.